Fidelio, l’unico lavoro teatrale realizzato da Beethoven all’inizio del XIX secolo, negli anni è stato soggetto a diverse interpretazioni e letture, ma quelle offerte dalla nuova produzione del Teatro Comunale di Bologna con la Staatsoper di Amburgo è da annoverarsi tra le migliori, poiché mantiene la tragica storia ambientata nella Spagna del XVII e al contempo la avvicina ai giorni nostri. Il regista svizzero Georges Delnon, infatti, ha situato l’intera vicenda in una prigione di memoria sovietica resa scenicamente da una serie di pannelli che fuoriescono con i prigionieri dalla tappezzeria a fiori di una tipica stanza della DDR. A noi sembra che la scelta di Delnon di rappresentare così quest’opera vada “a braccetto” con le celebrazioni per i trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino. Dunque, alla regia innovativa di Delnon si vanno ad aggiungere le scene di Kaspar e i costumi di Lydia Krichletner: la preferenza di quest’ultima per abiti che ricordano molto gli anni ’70 rende ancora di più l’ambientazione scelta dal regista.

Non si possono però tralasciare altri importanti aspetti di questa produzione, come la proiezione, all’inizio e durante i due atti, su un sipario che divideva la scena principale dalla protagonista Fidelio/Leonore di alcune citazioni riprese da due scrittori tedeschi molto importanti: Heiner Müller e Georg Büchner; anche se appartenenti a periodi storici diversi, entrambi gli autori hanno scritto opere che hanno fatto la storia della Germania in momenti importanti: i moti rivoluzionari 1830-31 e la liberazione dal nazismo. Non si tratta di una scelta casuale, poiché Beethoven considerava questo suo Singspiel come celebrazione della libertà del popolo dal tiranno (Don Pizarro).
La direzione di questo Fidelio è stata affidata al Maestro Asher Fisch che si è contraddistinto per una conduzione magistrale e meticolosa sia dell’orchestra che degli artisti sul palcoscenico, riuscendo a rendere con il suo la varietà di colori ed emozioni della musica di Beethoven.

Per la recita del 15 novembre il ruolo di Fidelio/Leonore è spettato a Magdalena Anna Hoffman che si è rivelata all’altezza di questo personaggio sia scenicamente che vocalmente: il soprano ha ricevuto lunghi e sostenuti applausi per l’ottimo volume della sua voce e per l’omogeneità del timbro.
Anche a Petri Lindroos nel ruolo di Rocco il pubblico bolognese ha riservato entusiasti applausi, conquistato non solo dal carisma interpretativo del basso, ma anche dalla sua performance vocale che non ha mai evidenziato momenti di “cedimento”, bensì controllo e sicurezza.

Lunghi applausi anche per Anna Maria Sarra (Marzelline), soprano che rivela grandi capacità attoriali (soprattutto al momento dell’aria “O wär ich schon mit dir vereint”) e al contempo una voce calda e morbida. Forse caricati troppo eroticamente gli incontri/scontri con il personaggio di Joaquino di Sascha Emanuel Kramer, giovane tenore svizzero dalla voce fresca e dalla buona
presenza scenica.
Il ruolo di Florestan è stato affidato al tenore Daniel Frank che ha convinto il pubblico non solo per la resa drammatica e ricca di pathos del suo personaggio, ma anche per la potenza della voce e per la dizione scolpita.

Anche il baritono Lucio Gallo (Don Pizarro) ha rivelato chiarezza nella pronuncia della dura lingua tedesca; inoltre, non è sfuggita la maturità di Gallo non solo da un punto di vista scenico (ha reso molto bene, infatti, l’antagonista di Fidelio), ma anche timbrico per la sua voce potente. Grande
entusiasmo anche per le performance di Nicolò Donini, un Don Fernando convincente, Andra Taboga e Tommaso Novelli (due prigionieri).
Un’ultima nota di apprezzamento è destinata al coro del Maestro Alberto Malazzi che ha entusiasmato gli animi e ha convinto nei vari momenti che l’hanno visto protagonista assoluto, soprattutto nel finale del II atto “Heil”: il coro/popolo, liberato dall’oppressore, celebra la sua eroina Fidelio/Leonore.
Al termine un vero e grande successo.
Pia Lombardi
Bologna, 15 novembre 2019