Nel 2011 andava in scena a Parigi “Moro”, opera tragica in un atto su libretto di Marco Ongaro e musica di Andrea Mannucci. Dopo ben otto anni questa composizione ritornava sul luogo della sua genesi creativa, Verona, in uno dei luoghi musicalmente più simbolici della sua storia: la Sala Maffeiana del Teatro Filarmonico, vera culla dell’Accademia Filarmonica. Non si poteva davvero trovare luogo più adatto per la nascita del Festival delle Arti contemporanee, ideato da Paola Fornasari Patti, fondatrice, presidente e vera anima guida dell’Accademia Kairòs (da cui provenivano gli interpreti vocali dell’opera) insieme allo stesso Mannucci, direttore artistico del Ned Ensemble (compagine orchestrale impegnata nell’esecuzione).
Parliamo dell’opera. Il dramma narra gli ultimi giorni di agonia del Presidente Aldo Moro, istanti popolati da visioni, da incontri, da pensieri profondi che vanno a toccare la coscienza e l’Io più profondo. E’ un monologo che si apre ad un onirico dialogo con i fantasmi dell’anima in maniera quasi cosmogonica, ossia rivolta all’universo. Per questo motivo Ongaro tiene a specificare che si tratta di una tragedia classica in cui l’eroe, attorniato dal coro, dimostra, si fa esempio di valori universali. La stessa presenza di due figure come l’Angelo e Cassandra si fanno portavoce di un dualismo universale, che è quello del cielo e della terra, ma anche del bene e del male, essendo Cassandra preveggente di sventure.
Musicalmente l’opera si strutturava in una ricerca di armonie giustamente contemporanee e legate all’avanguardia musicale, ma vi è anche un ritorno sostanziale e formale al passato, con la presenza per esempio di veri e propri concertati di pieno stile italiano. Interessante ed incisivo l’utilizzo della ritmica, soprattutto quando viene fatto l’appello dei morti dell’agguato di Via Fani, ritmo percussivo ossessivo che viene ripreso poi nel finale.
Bene si è comportato il Ned Ensemble nel dare corpo ai meccanismi, alle sonorità e alle ampie escursioni dinamiche richieste dal compositore, così come eccellenti sono state le voci, in primis Dario Giorgelè, veterano dei palcoscenici veronesi, il quale ha ritratto un Moro dalla voce nobile, ampia e dal fraseggio elegante e misurato. Accanto a lui riluceva la giovane voce di Carlotta Bellotto, dotata di temperamento importante e di linea vocale limpida e cristallina, che si esaltava nei filati veramente morbidi e soprattutto tecnicamente ben sostenuti. Benissimo anche Nadina Calistru nei panni del Corifeo e la voce del popolo interpretata da Piero Facci, così come si è difeso bene Enrico Frigo nell’improba tessitura dell’Angelo.
Al termine un caloroso successo da una sala praticamente gremita, cosa rara per la musica contemporanea. Una bella partenza a cui seguiranno altri quattro appuntamenti nella Sala Casarini dell’Hotel Due Torri.
Francesco Lodola
Verona, 28 novembre 2019