Un inizio scoppiettante quello del Teatro Verdi di Trieste per la sua stagione di Lirica e Balletto, con le produzioni di Turandot di Giacomo Puccini e Aida di Giuseppe Verdi. Entrambe le opere mancavano dal capoluogo giuliano da molto tempo: l’ultima Turandot fu rappresentata nel dicembre 2005 con la direzione di Daniel Oren, mentre l’ultima Aida nel 2009, Nello Santi sul podio. La serata del 29 novembre scorso ha visto l’inaugurazione della stagione con Turandot, nuova produzione del Teatro Verdi in collaborazione con il Teatro Nazionale di Odessa. L’allestimento, per la regia della coppia Katia Ricciarelli–Davide Garattini Raimondi, è di stampo tradizionale, con un impianto scenico funzionale allo spazio a disposizione, costruito su due piani: in alto la corte imperiale e sotto il popolo di Pechino. Si tratta di scelte azzeccate, tenuto conto della grande massa corale presente. I costumi, di scarso gusto, sono quelli del Teatro di Odessa, resi però più vivi dalle sapienti mani di Giada Masi. Il balletto presente all’interno di questa produzione ha vissuto momenti altalenanti, risultando interessante in alcune scene,in cui conferiva quel tocco in più alla partitura, privando la invece dell’intimismo richiesto in altre.

Buona la parte musicale sotto ogni aspetto: l’orchestra del Verdi ha ben saputo portare a termine una partitura complessa, guidata dalle esperte mani di Nikša Bareza, nonostante alcuni momenti molto sbilanciati verso i colori del fortissimo. Il giovane soprano croato Kristina Kolar ha fornito un’ottima interpretazione del ruolo di Turandot, riuscendo a fare suo quell’enorme dolore che ha reso di gelo la principessa. Amadi Lagha, tenore franco-tunisino, è stato un discreto Calaf, dotato di una bella voce che mancava da tanto a Trieste, con l’unico neo del timbro chiaro e dell’emissione aperta nel primo atto, poco adatti a un ruolo drammatico. Desirée Rancatore, una minuta Liù, ha saputo poco a poco conquistare tutto il pubblico triestino; emozionante il suo “Tu che di gel sei cinta”.
Buona la presenza scenica e vocale dei tre ministri che hanno“guidato” il principe nel suo cammino: Alberto Zanetti, Saverio Pugliese e Motoharu Takei. Bene anche il Timur di Andrea Comelli. Solidi e molto ben gestiti i protagonisti dei ruoli di fianco: il veterano Max René Cosotti (Imperatore Altoum), Giuliano Pelizon (Un mandarino), Anna Katarzyna Ir (Prima ancella), Elena Boscarol (Seconda ancella) e Roberto Miani (Il Principe di Persia). Il coro della Fondazione ha avuto il supporto del coro dell’Opera di Odessa e, purtroppo, le differenze tra la vocalità italiana e quella ucraina si sono fatte sentire. Un plauso va sicuramente al Maestro Tosi, che ha ben saputo dirigere il folto gruppo. Impeccabile la presenza del coro di voci bianche I Piccoli Cantori della città di Trieste, preparato egregiamente da Cristina Semeraro.

Passando invece alla prima recita di Aida, tenutasi il 1° dicembre, sembra che questa produzione soffra di qualche problema sia dal punto di vista musicale che da quello scenico. E’ tuttavia doveroso elogiare lo sforzo produttivo compiuto dalla Fondazione, che ha visto l’orchestra rientrare in Italia solo durante la prima settimana di novembre, dopo una tournée di successo in Giappone. La regia, sempre affidata al duo Ricciarelli – Garattini Raimondi, spesso non ha convinto del tutto, dando l’impressione di uno spettacolo ancora in evoluzione, a tratti privo dell’approfondimento drammaturgico che il capolavoro verdiano esige.Tra i numerosi balletti previsti, spicca quello del secondo atto per la fulgida performance della prima ballerina.

La parte musicale ha visto trionfare senza alcun dubbio tutta l’orchestra della Fondazione, le trombe egizie e le numerose entrate della banda fuori scena, dirette dal Maestro Fabrizio Maria Carminati. Buona la sua interpretazione, anche se spesso la scansione metronomica non era totalmente sicura e stabile. Svetlana Kaysan ha delineato un’Aida sicura, dalla vocalità di ampio respiro e ottima musicalità. Gianluca Terranova si è disimpegnato nella parte al massimo delle sue potenzialità, anche se sotto l’aspetto vocale il suo Radames non ha soddisfatto totalmente. Affascinante e interessante l’Amneris di Anastasia Boldyreva: ottima vocalità e bellissima presenza scenica, il giovane mezzosoprano russo ha saputo attrarre a sétutta l’attenzione del folto pubblico nel terzo e quarto atto, raggiungendo momenti di alta intensità interpretativa. Buono il rendimento di Andrea Borghini, solidala voce di Cristian Saitta nel ruolo di Ramfis. Ben interpretati i di fianco: Fulvio Valenti (Il Re), Blagoj Nacoski (Un messaggero) e Rinako Hara (Una sacerdotessa).

Il pubblico Triestino ha applaudito con vigore, con numerose chiamateal proscenio sia per Turandot che per Aida. Un impegno di certo oneroso per la Fondazione giuliana, ma ricambiato dalla città con entusiasmo e numerosi telespettatori (entrambe le opere sono state trasmesse in diretta dall’emittente locale). Il Giudizio complessivo su queste due produzioni è più che discreto; ora ci aspetta un’impegnativa stagione, che prevede anche titoli in prima assoluta.
Matteo Firmi
Trieste, 29 novembre/1 dicembre 2019