José Miguel Pérez-Sierra è uno dei più giovani e brillanti direttori d’orchestra ispanici della sua generazione, con una carriera internazionale solida e con un repertorio che spazia dall’operismo italiano dal Belcanto fino a Verdi e Puccini al grande repertorio sinfonico. In questi giorni abbiamo avuto il piacere di intervistare nuovamente il Maestro, in occasione de “La Cenerentola” in scena da questa sera al Teatro Massimo Bellini di Catania.
Quattro anni fa in occasione della nostra prima intervista parlavamo dei suoi obiettivi: a che punto si sente della sua maturazione artistica e quali sono gli obiettivi da raggiungere?
Mi trovo in un momento molto bello: ancora sono un direttore giovane (ho 37 anni), ma dopo 15 anni di carriera alle spalle e più di 400 recite e concerti, mi sento con l’esperienza necessaria per affrontare le esigenze dei grandi teatri e orchestre che sto dirigendo. Ce ancora tanta strada da percorrere, vorrei fare tante cose e dirigere in tanti posti che ancora non sono stato… ma l’artista tende sempre a guardare solamente quello che verrà e non quello già avvenuto, e penso questo sia sbagliato: bisogna guardarsi indietro, contemplare tutto quello che si è fatto. Imparare dagli errori ed essere fieri dei successi. Solo riflettendo su questa base si può andaré avanti con solidità.
Ora sta dirigendo Cenerentola al Bellini di Catania e in generale la sua carriera è molto legata al Belcanto: quali sono le difficoltà e qual è il ruolo del direttore in questo repertorio che esalta il canto?
Come indica la parola belcanto, è un repertorio dove il cantante ha un grande protagonismo. Sono dei ruoli di enorme difficoltà, e il direttore diventa un sostegno chiave per dare al cantante la possibilità d’ esprimersi al suo meglio. Ma dietro a questo “supporting role” del direttore si nascondono anche delle vere difficoltà musicali, sopra tutto in Rossini, dove il direttore è anche fondamentale per definire lo stile e per portare avanti una concertazione veramente complessa. Rossini, dietro alla sua semplicità apparente, è probabilmente uno degli autori più difficili della storia dell’opera. Io mi sento molto onorato di farlo spesso e di essere considerato quasi uno “specialista”; nonostante, sono fortunato di poter variare spesso di repertorio: faccio anche molto Puccini (mi mancano solo 4 opere per completare la sua opera omnia), Verdi, repertorio francese…. persino Wagner. Ho anche un variatissimo repertorio sinfonico… Credo che sia una grande richezza poter fare un repertorio così vasto, e aiuta molto a capire ogni autore concreto: tutti bevono da quelli precedenti, e lasciano come eredi a quelli successivi… Si capirebbe Rossini senza fare Mozart? Capiremmo la vera dimensione dell’opera seria del genio pesarese se non facessimo Verdi e non riconoscessimo l’estraordinaria influenza di uno sull’altro? Tutto si complementa, e credo che un direttore completo, deve essere capace di fare tutto.

Si dice che il Teatro Bellini di Catania abbia una delle migliori acustiche del mondo: leggenda o realtà? Quali sono le emozioni di dirigere in questo luogo?
Confermo, la acustica è veramente eccellente, ho già potuto esperimentarlo quando son venuto a dirigere Manon Lescaut nel 2017 (a proposito, ebbi l’onore di avere come Des Grieux a Marcello Giordani, a cui vorrei rendere ommaggio in questa intervista, con tutto il mio affetto e ammirazione). E poi, è una delle sale più belle al mondo… È veramente emozionante, credo che uno non si abitua mai ad entrare in platea e contemplare questo miracolo architettonico. Un teatro veramente único.
Questa Cenerentola rappresenta un po’ la rinascita di questo teatro o comunque la volontà di andare avanti: qual è il clima di lavoro e quali sono le sensazioni di lavorare ad una produzione così simbolica?
Il clima di lavoro è eccellente e la qualità artistica delle masse stabili del teatro (orchestra, coro e tecnici) e sempre straordinaria. Tutti gli artisti stiamo dando veramente tutto in questa produzione. È bellissimo per noi pensare di poter aiutare col nostro arte al rilancio del Teatro Massimo Bellini.

I tagli alla cultura in Italia sono sotto gli occhi di tutti noi: qual è il messaggio che la musica può dare per risollevare le difficoltà dei nostri teatri?
Credo che il senso del “dibattito” sia sbagliato: sembrerebbe che la musica è una attività fino a se stessa, o che il rischio di chiusura di un teatro è un dramma solo per i dipendenti e le sue famiglie, o per noi artisti che avremmo un teatro in meno dove svolgere la nostra attività, o al massimo per gli abbonati che dovrebbero cercare altro posto dove poter andare all’opera … Invece il dramma è per tutta la città, per tutta la nazione. Quando sento dire “evitiamo la chiusura del Bellini”, invece dovremmo parlarne di evitare la fine della cultura a Catania, indi in tutta Italia. Questo è il vero dramma, l’inarrestabile impoverimento culturale generale. Viviamo in tempi difficili per la cultura, siamo una società utilitarista che solo vede l’economia diretta, la compra-vendita dei beni materiali, quello che ci resulta “utile” qui e adesso… Per quanto si siano fatti studi che dimostrano che tutti i soldi investiti in cultura rendono indirettamente più del doppio dell’investimento alla città dove si produce, i politici continuano senza rendersi conto del fatto, preoccupati sempre di questioni più “evidenti”, di cui gran parte sicuramente troverebbe soluzione con un investimento maggiore in cultura… Stiamo anche confondendo la cultura con l’ozio. Si pensa che se l’ozio si autofinanzia privatamente, l’opera dovrebbe farlo pure. L’opera e la musica in generale non sono ozio, per quanto facciano trascorrere ore felici a tutti: sono CULTURA con maiuscole, sono un servicio sociale, una conditio sine qua non per definire le aspirazioni e l’identità di un popolo. Vogliamo parlare dell’importanza dell’opera lirica nella storia di Italia? Di quello che suppongono per la cultura italiana figure come Bellini, Rossini, Donizetti, Verdi, Puccini? La musica è cultura, e la cultura richiede di investimento pubblico per sostenersi e poter continuare al servizio di tutti. Investimento che, come detto, genera un movimento economico ben più alto, oltre all’ indubbio beneficio sociale… Ma purtroppo, non sempre quelli che decidono la pensano così…
Cenerentola: come si colloca nel catalogo rossiniano, che ruolo ha nell’evoluzione dello stile compositivo di Rossini e qual è la sua visione di questo capolavoro?
Credo che sia un opera mal chiamata “buffa”: è un dramma giocoso, un opera pensata non per ridere, ma per sorridere… e sopra tutto una fiaba che cerca lasciarci un morale alla fine: la bontà e l’onestà trionfano sempre. Una fiaba che esiste, raccontata diversa, in ogni cultura del mondo: ovunque si trovino, i poveri e gli opressi hanno sempre avuto la necessità di trasmettere ai suoi bimbi la speranza traverso i racconti e le fiabe… Anche se la versione più conosciuta di questa fiaba è quella di Perrault, in realtà Rossini e Jacopo Ferretti bevono da diverse fonti, persino de la legenda egiziana di Rodope, il racconto di Cenerentola più antico, che data di quasi 5000 anni fa. In questa leggenda, è nientemeno che il dio Horus a guidare come mentore il giovane faraone nella ricerca della sposa giusta per condividere vita e trono. Alidoro, per esempio, è in realtà molto più vicino a questa figura del mentore divino, che alla fata del racconto tradizionale Europeo. Cenerentola è il ventesimo titolo del catalogo Rossiniano, segna il passaggio dell’ecuatore della sua produzione, e la considero un opera di maturità, che apre tante porte anche all’opera seria della seconda metà della creazione rossiniana.

Prossimi impegni.
Dopo due anni in cui ho passato tanto tempo all’estero, nella prima metà di 2020 sarò fondamentalmente nella mia Spagna natale, dove rivisiterò titoli che non faccio da tempo (Norma, Elisir, Bohème) in teatri che furono molto importanti all’inizio della mia carriera (Pamplona, Las Palmas Mahón). Debutterò anche al Maestranza di Siviglia con “El Barberillo de Lavapiés”, una bellissima zarzuela di Francisco Asenjo Barbieri. Più tardi farò il mio debutto in Russia con un concertó nella sala Tchaikovsky di Mosca, e sarò anche per la prima volta allo Sferisterio di Macerata con Don Giovanni. L’estate sarò anche al Festival Rossini in Wildbad per registrare “La Scala di Seta”, e poi sarò all’opera di Metz per “Mosè in Egitto”. Più avanti abbiamo bellissimi progetti col Teatro Real, la Monnaie di Bruxelles, l’Opera di Marseille… Tanta opera francese, Verdi, Rossini, Puccini, sinfonico… Insomma tanta varietà… quindi per me tanta felicità!
Grazie al Maestro Pérez-Sierra e In bocca al lupo!
Francesco Lodola