Lucrezia Borgia, nell’allestimento firmato Andrea Bernard, approda al “Valli” di Reggio Emilia come titolo inaugurale della Stagione 2019-2020, con un valido insieme di voci e una regia complessivamente efficace.
Opera raramente eseguita, Lucrezia Borgia rientra nella sterminata produzione di Donizetti e di certo non tra i titoli da considerarsi “minori” musicalmente e teatralmente. Eppure era dal lontanissimo 1878 che la sala del Municipale non ne ospitava un’edizione. Ragione più che sufficiente per giustificarne una ripresa e inaugurare la nuova Stagione.
Lo spettacolo, arrivato direttamente dal Teatro Donizetti di Bergamo, città natia del compositore e sede del prestigioso festival a lui dedicato, è curato da Andrea Bernard. Il regista va alla ricerca degli elementi più intensi dal punto di vista drammaturgico nella figura di Lucrezia e li individua nel suo lato più umano di donna e di madre, mossa da un ostinato sentimento di amore materno che sarà il filo conduttore nonché il motore delle vicende. Bernard sostiene, a ragione, che in quest’opera non sia il lato storico-politico di una Lucrezia Borgia spietata e potente a dominare. Per esprimere questi concetti ricorre ad un simbolismo d’effetto che sa di thriller cinematografico. Il rapporto genitore-figlio, spezzatosi in origine e alla ricerca disperata di una risoluzione viene assunto a leitmotiv tramite simboli come la culla, così come viene enfatizzata la solitudine di una figura, quella della protagonista, unica donna in un mondo di uomini violenti e rancorosi. Con un’idea drammaturgica ben chiara e un accurato lavoro di recitazione (che non risparmia nessuno ma che anzi trova la sue vette nel coro e nei mimi) bastano e convincono le semplici azzeccate scene di Alberto Beltrame, i movimenti coreografici di Marta Negrini, i costumi di Elena Beccaro e le luci di Marco Alba. Unico neo della regia ci sembra essere una certa spinta verso un erotismo che appare spesso ingiustificato e fuori contesto: un esempio ne è il ricorrente scambio di baci e di gesti amorosi tra Gennaro e Orsini che pur se intimi, restano due amici e non due innamorati, così come il tentativo di stupro nei confronti di Lucrezia Borgia da parte del figlio nel finale.
Sotto il profilo musicale la resa complessiva ci convince complessivamente su tutti i fronti.
La direzione di Carla Delfrate, anche se talvolta predilige volumi che tendono a coprire alcune voci, risulta equilibrata, brillante ed omogenea, evidenziando la professionalità dell’Orchestra giovanile Luigi Cherubini, degna, per qualità del suono e livello interpretativo, delle migliori compagini. Eccellente il Coro del Teatro Municipale di Piacenza, preparato dal Maestro Corrado Casati. La banda di palcoscenico del conservatorio Gaetano Donizetti di Bergamo assolve anch’essa il proprio compito con dovizia.
Il cast vocale, vario e ben assortito, vede nei panni di Don Alfonso un convincente Marko Mimica, basso dalla voce ampia che cesella con dovizia ogni frase e fraseggia con bravura. Francesca Dotto è una Lucrezia di grande temperamento capace di trasmettere tanto i tormenti emotivi quanto l’autorevolezza di un personaggio complesso. Se il personaggio appare perfettamente riuscito anche dal punto di vista musicale la sua è una prova maiuscola e d’impegno: tecnica solida che le consente di destreggiarsi con sicurezza nella parte e di esprimere con musicalità ogni sfumatura.
Positivo è anche il Gennaro di Francesco Castoro, tenore dal timbro caldo e luminoso cui non mancano squillo in acuto e una buona propensione ad un fraseggio variegato. Veta Pilipenko interpreta Maffio Orsini complessivamente in modo convincente; la voce non è enorme ma è ben emessa e scenicamente il personaggio è credibile. Non particolarmente voluminoso e talvolta un po’ coperto dall’orchestra è lo strumento vocale di Edoardo Milletti, ossia Rustighello, mentre si distingue positivamente l’Astolfo di Federico Benetti. A rendere lo spettacolo decisamente riuscito contribuiscono con performance di buon livello anche i restanti interpreti: Manuel Pierattelli (Jeppo Liverotto), Alex Martini (Don Apostolo Gazella), Roberto Maietta (Ascanio Petrucci), Daniele Lettieri (Oloferno Vitellozzo), Rocco Cavalluzzi (Gubetta), Claudio Corradi (Un usciere), Alessandro Yague (un coppiere), Francesca Verga (principessa Negroni).
Un teatro non troppo pieno accoglie con entusiasmo e calore l’intera compagnia con meritati applausi.
Grigorij Filippo Calcagno
Reggio Emilia, 8 dicembre 2019
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