Raffaele Abete è uno dei tenori italiani emergenti sui palcoscenici internazionali, interprete da questa sera di “Madama Butterfly” al Teatro Filarmonico di Verona nel ruolo di Pinkerton. Lo abbiamo intervistato con grande piacere proprio in occasione di questo suo ritorno veronese e dei prossimi impegni che lo vedranno debuttare alla Wiener Staatsoper con il ruolo del tenente della marina degli Stati Uniti dell’opera di Puccini.

Com’è nato il tuo amore per il canto?
E’ nato tutto per caso perché nella mia famiglia non ci sono né musicisti né melomani. Cantavo nel coro della chiesa per diletto e il maestro che ci seguiva quell’anno, cogliendo le mie potenzialità, mi consigliò di iscrivermi in conservatorio per studiare canto seriamente. L’amore per la lirica è nato durante il percorso di studi, ai più questo può sembrare strano ma in realtà rimanda a come sono anche nella vita: osservo, faccio evolvere le cose e cerco di capire sempre quale sia la mia strada senza forzare i tempi. Si può pensare anche che questo tipo di visione faccia perdere tempo ma in realtà è tempo guadagnato (in questo caso) in longevità artistica: sono convinto di ciò perché ora ne sto cogliendo i frutti.

Hai avuto un modello a cui ti sei particolarmente ispirato e ti ispiri?
Il mio tenore di riferimento è Nicolai Gedda. E’ un cantante che va ascoltato tanto per essere compreso fino in fondo: solo dopo più di un anno di ascolto intenso e maniacale ho cominciato a comprenderne la vera grandezza. Non c’è giorno che passa che io non lo ascolti anche perché quando salgo in macchina parte in automatico (ride, ndr). Grazie a lui ho compreso che la tecnica è solo ed esclusivamente una, sia che si canti Mozart o Puccini. 

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Tra i tuoi insegnanti spicca Lella Cuberli, un’altra grande maestra di tecnica e di Belcanto…
Sì, per me è ancora oggi un punto di riferimento e ci sentiamo spesso. Con lei(conseguentemente al mio maestro di conservatorio Pasquale Tizzani) ho imparato le basi della tecnica, la respirazione e ho affrontato e studiato il repertorio belcantista. Presto molta attenzione ai ruoli da cantare, e posso dire di averne rifiutati alcuni che potessero essere troppo pesanti per il mio processo di formazione. Lo stesso ruolo di Pinkerton all’inizio l’ho accettato seppur con qualche riserva ma mi sono reso conto che la mia voce “chiama” Puccini (oltre a prediligere i ruoli belcantisti). 

Pinkerton ha delle diversità rispetto ad altri ruoli pucciniani…
Mettendo in relazione i ruoli pucciniani che ho affrontato, posso dire che Pinkerton è diverso da Cavaradossi e da Rodolfo sia dal punto di vista psicologico che per la stessa lunghezza del ruolo. Non bisogna pensare però che essere meno in scena implichi un ruolo più facile: il primo atto di Butterfly è molto impegnativo per il tenore e si conclude con un duetto che dura ben quindici minuti. Penso sia uno dei punti che mi abbia insegnato a gestire con intelligenza il palcoscenico e che mi ha fatto capire come la mia voce si sposi bene alla musica di Puccini.

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Il Duca così come Pinkerton è un personaggio negativo o percepito come tale: qual è la tua sensazione nell’interpretare queste figure che non ispirano la simpatia del pubblico? 
La verità è che mi piace interpretare questi ruoli perché mi danno la possibilità di studiare la loro psicologia che è molto più complicata rispetto a quella del solito tenore/eroe. Ovviamente restano personaggi negativi, ma se guardiamo al Duca non vedo tutta questa cattiveria, piuttosto il non rendersi conto dei danni che provoca con il suo comportamento. Pinkerton neanche lo definirei un cattivo, è però preso solo da sé stesso. Rapportando la storia di Butterfly ai giorni nostri, Pinkerton può essere etichettato come pedofilo e uomo squallido ma una volta anche nella nostra cultura ci si sposava con donne giovanissime per i più svariati motivi. 

Forse il dramma se lo crea Cio Cio-San innamorandosi…
Probabilmente crea il dramma pensando che Pinkerton sarebbe rimasto sempre con lei. Il tema sostanziale dell’opera è in realtà il razzismo che spinge il tenore a cercarsi una “vera sposa americana” come se Cio-Cio- San non ne fosse all’altezza appartenendo ad altra razza e cultura.

 

22424518_1235806423214914_5108378406963679877_oQuesto ruolo ti porterà anche a fare il tuo debutto alla Wiener Staatsoper…quali sono le emozioni di debuttare in questo tempio internazionale della lirica?
La prima proposta per fare Butterfly in ordine cronologico è stata proprio quella della Staatsoper, dunque ad Aprile 2020 sarà il debutto in questo meraviglioso teatro. Il caso ha voluto che prima del debutto di Vienna arrivassero ben altre 3 importanti proposte per interpretare Pinkerton: al Vincenzo Bellini di Catania Marzo 2019, adesso Verona e a Febbraio 2020 al Comunale di Bologna.

Quali sono invece le sensazioni di questa Butterfly veronese?
Sono molto affezionato a questa città. Io sono tifoso del Napoli e si sa che tra Napoli e Hellas Verona non corre buon sangue, eppure mi piacerebbe proporre un gemellaggio, perché mi trovo davvero bene nella vostra città. Da questa Butterfly mi aspetto una conferma del lavoro fatto a Catania e un ulteriore progresso nella costruzione del personaggio anche attraverso il lavoro con il regista Andrea Cigni e con il maestro Francesco Ommassini. Questo è un bello spettacolo, che ha una grande profondità e suggestività. 

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Quali sono i ruoli che in questo momento sogni?
Il ruolo che vorrei assolutamente debuttare è Arturo ne “I Puritani”: sarebbe come completare il quadro dei miei ruoli dei sogni dopo il Conte Almaviva ne “Il Barbiere di Siviglia”, Edgardo in “Lucia di Lammermoor” e il Duca in “Rigoletto”. Ruoli di spessore più eroico verranno più avanti. Penso che uno dei problemi più grandi dei cantanti odierni è la voglia ossessiva a voler debuttare ruoli non ancora adatti alle proprie corde: se abbiniamo la poca accortezza (e professionalità) di alcuni addetti ai lavori che sfruttano al massimo questo aspetto, osserviamo le carriere affondare sul nascere. Un cantante deve essere cosciente delle proprie possibilità e deve evolversi pian piano per rafforzare le proprie conoscenze.

Ma c’è qualche rischio o qualche difficoltà nel passare da un ruolo come Pinkerton ad un Edgardo?
Gedda è la dimostrazione che con la sicurezza tecnica si può passare da uno stile all’altro senza alcuno sforzo e soprattutto senza cambiare il proprio modo di cantare. Questo non vuol dire cantare tutto allo stesso modo perché gli stili sono diversi ma la tecnica, come detto in precedenza, è una sola. 

Grazie a Raffaele Abete e In bocca al lupo! 

Francesco Lodola

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