Lucia di Lammermoor forse è il titolo più emblematico dell’opera ottocentesca legata al filone del romanzo storico. Essa infatti mette in scena tutti gli archetipi del romanticismo gotico di stile anglosassone: i castelli tenebrosi della Scozia, gli intrighi cortigiani, i cimiteri densi di cuori spezzati e amori finiti e le psicosi di fanciulle prigioniere di un mondo maschile e maschilista.Tutto questo si ritrova pienamente nelle atmosfere e nelle sonorità che Donizetti crea per avvolgere i suoi personaggi e la sua opera, del cui fascino immutato è il trionfo che ancora una volta ha suscitato in occasione dell’inaugurazione della stagione lirica 2020 del Teatro Filarmonico di Verona.
Lo spettacolo, importato dal Teatro Verdi di Salerno, vedeva la regia di Renzo Giacchieri coadiuvato dalle scene e proiezioni di Alfredo Troisi, che con pochi dettagli e qualche elemento scenico definiscono in maniera sobria ambienti e atmosfere. Ricordiamo i movimenti mimici di Barbara Pessina e le luci di Paolo Mazzon.

Non sempre esaltante è la direzione del Maestro Andriy Yurkevych, il quale ha operato numerosissimi tagli sulla partitura, che ci riportano alla mente quelle Lucie del passato, che sembrano sorpassate e oggi non più proponibili. A questo si aggiunga che spesso l’orchestra tende a prevaricare il palcoscenico, pur mantenendo sempre una coesione assolutamente lodevole, assecondato magnificamente dall’orchestra dell’Arena.
Brillante la prova del coro dell’Arena di Verona diretto da Vito Lombardi.
Sicuramente il palcoscenico non era una preoccupazione poiché il cast radunato per l’occasione era eccellente in tutte le sue componenti, a partire da Riccardo Rados (Normanno), Lorrie Garcia (Alisa) e il bravo Enrico Zara (Arturo).

Simon Lim (Raimondo) ritorna al Filarmonico dopo alcuni anni dal suo Padre Guardiano ne La Forza del destino, mettendo in luce una notevole crescita dal punto di vista vocale e interpretativo con un fraseggio giustamente maestoso e un’accettazione nobilissima, che gli fanno guadagnare un grande applauso a scena aperta dopo “Dalle stanze ove Lucia”.
Alberto Gazale giunto a sostituire il previsto Biagio Pizzuti, interpreta un Enrico nel solco dei baritoni vilain per intensità interpretativa, ma con vocalità importante che trova naturale sfogo nell’acuto protervo ed imponente. Concorre alla definizione del personaggio anche la sua presenza scenica sempre imponente ed altera, quasi sprezzante.

Enea Scala è un Edgardo di grande temperamento, in grado di incarnare alla perfezione l’ideale dell’eroe romantico à la Walter Scott: il suo è un personaggio pieno di ardore, instintuale, irruente senza però mai essere prevaricante o manierato. Alla sua visione interpretativa si accompagna una prova vocale magnifica sulla linea degli Edgardo d’antan grazie al colore scuro, virilissimo, quasi baritonale, che ci fanno prevedere uno sviluppo della voce verso ruoli da autentico tenore lirico spinto.
Peccato che baritono e tenore vengano privati del grande duetto della torre, pagina drammaturgicamente importante e musicalmente preziosa che si adatterebbe perfettamente alle personalità e alle vocalità di questi due interpreti.

Ruth Iniesta con la sua Lucia conquista definitivamente il pubblico veronese che era già stato conquistato con le sue interpretazioni areniane e con la sua scatenatissima Norina nel Don Pasquale dello scorso anno. Il soprano incarna una fanciulla nevrotica, profondamente turbata, i cui romantici sogni cadono nel baratro di una follia convulsa ed estrema. La Iniesta riesce a rendere tutto questo sciorinando un canto espressivo in ogni piega e in ogni suono, sfruttando la rotondità e la lucentezza del timbro per dare corpo alla fragilità, ma anche alla forza del personaggio nel relazionarsi con gli altri (superbo in questo senso il duetto con Enrico/Gazale). In questo modo la scena della pazzia diventa il momento culminante del percorso del personaggio e lo scintillio dei virtuosismi si trasforma in vero atto drammatico scatenando lunghissime ovazioni dal pubblico. Accanto alla cantante si loda l’attrice elegante e parimenti intensa.
Al termine un successo trionfale per tutti i protagonisti, come non si assisteva da tempo.
Francesco Lodola
Verona, 26 gennaio 2020
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