Il 9 febbraio è andato in scena nella bellissima e raccolta Sala Impero dell’Hotel Due Torri di Verona un pomeriggio dedicato alla musica contemporanea, il penultimo del Festival delle Arti Contemporanee organizzato dall’Accademia Kairòs in collaborazione con il NED Ensemble (l’ultimo il 23 febbraio proprio con i solisti di quest’ultimo).
Ancora una volta quest’occasione ha suscitato e fatto rinascere in noi le domande sul teatro musicale di oggi, quali sono le sue finalità e i suoi obiettivi. Dobbiamo dire che il concerto qui in esame ci ha dato anche delle risposte e sicuramente grazie agli interventi di Marco Ongaro, di Paola Fornasari Patti (anima carismatica del Festival e dell’Accademia, oltre che curatrice della parte registica) si è riaccesa in noi la curiosità verso l’evoluzione della musica e del melodramma inteso come forma d’arte narrativa e che ingloba al suo interno una pluralità di arti.
Ci ha indubbiamente catturati l’estratto da La giornata di Betty Boop di Ada Gentile, che ha messo in scena le vicende di questo brillante personaggio divenuto l’icona delle Pin-up anni ’30 e che nel brano proposto vediamo confrontarsi con il suo cagnolino e sciorinare una cantilena poliglotta, nonsense, intercalando pure frasi della Papagena mozartiana.
Di indubbio fascino anche il lieder Ich Denke Dein, pagina poetica di Goethe messa in musica dal compositore Paolo Quilichini, il quale essendo presente in sala ha ben spiegato l’esigenza di voler conservare la formalità della forma del lieder, pur introducendo qualche armonia dal sapore più moderno e soprattutto di espressività più vicina a noi.
Nella seconda parte avevamo il Trittico dello Smartphone su musica di Andrea Mannucci e libretto di Marco Ongaro. Si tratta di un vero e proprio trittico di opere (brevi, della durata di 15 minuti circa ciascuna), con al centro un tema: il nostro rapporto con lo smartphone. L’ispirazione è chiaramente il Trittico pucciniano, del quale ritroviamo i propositi e in qualche modo le atmosfere. La prima opera Amor ch’a nullo amato – Urto passionale per voce, pianoforte, tabarro e smartphone rappresenta quest’ultimo come il mezzo del tradimento coniugale che va inevitabilmente a finire in femminicidio; il secondo quadro/opera è Believe me – Conflitto spirituale per voci, pianoforte e smartphone, nel quale vediamo questo strumento come identificativo di una nuova spiritualità, una religiosità che si veicola attraverso l’uso delle app (applicazioni) che ci annullano e ci isolano dal mondo, tenendoci lontani anche dagli affetti. Così come il cinico Gianni Schicchi chiude il Trittico pucciniano, così Mi piace – Scherzo narciso per voci, pianoforte e smartphone chiude ironicamente la serata, mettendo in scena la corsa sfrenata all’approvazione via social, l’attenzione più alla visibilità che al contenuto, mostrandoci una primadonna che sciorina arie che vanno da “Casta diva” a “Sempre libera” tutte a favore di camera: se vogliamo è anche un ritratto di talune cantatrici moderne, più alla ricerca della fama che della qualità, ma è anche un affresco più ampio di come il social ha modificato il nostro rapporto con la società e viceversa.
A dare voce e suono a tutto questo è impegnato un duo di musicisti eccellenti e attori parimenti brillanti. Al pianoforte sedeva il Maestro Carlo Benatti, irresistibile nelle vesti del cagnolino di Betty Boop con tanto di guinzaglio e bravo nel dare voce anche all’alienazione di Believe me. Protagonista autentica della serata era il soprano Carlotta Bellotto, in grado di reggere a un vero tour de force, non tanto dal punto di vista vocale ma quanto dal punto di vista interpretativo, poiché è stata in grado di assecondare ogni personaggio nelle sue infinite caratteristiche, dimostrando di essere interprete camaleontica e assolutamente perfetta per questo repertorio.
Una serata che ci ha fatto riflettere sul nostro essere in qualche modo prigionieri delle nostre scatolette tecnologiche. Al termine un brillante successo in una sala gremita, cosa non scontata per la musica contemporanea, e segno quindi che questa prima esperienza ha raccolto un successo che fa sperare in una seconda edizione.
Recensione scritta su uno smartphone.
Francesco Lodola
Verona, 9 febbraio 2020