Il Signor Bruschino, ossia il figlio per azzardo, tratto da La fils par Hasard (1809) di Alissan de Chazet e E. T. Maurice Ouryè è una farsa di Gioachino Rossini scritta per il Teatro San Moisè di Venezia e che andò in scena per la prima volta il 27 gennaio 1813 non riscontrando alcun successo, ma fortunatamente poco dopo furono rappresentati prima Tancredi al Teatro la Fenice e poi L’italiana in Algeri al Teatro San Benedetto, da cui il compositore trasse fama e grandi soddisfazioni, nonostante il “fiasco” con cui iniziò l’anno. In effetti, l’opera dopo la prima andò in scena in rare circostanze, in particolare in occasione del Rossini Opera Festival che si tiene annualmente a Pesaro, città natale di Rossini.
In breve, nell’opera si presenta Florville, innamorato della giovane Sofia che viene promessa in sposa al figlio del signor Bruschino dal suo tutore Gaudenzio. Florville intende far saltare il matrimonio e, scoprendo che il promesso sposo è chiuso in una locanda, si presenta a casa di Sofia, sua complice, facendo credere a Gaudenzio che lui sia Bruschino figlio (poiché Gaudenzio non conosce il volto di nessuno dei due giovani). In questo modo inizia la farsa, finché non arriva il signor Bruschino che ovviamente non riconosce il volto del presunto figlio, iniziando così ad insospettirsi. La farsa continua e il signor Bruschino è ormai convinto di essere impazzito, fino al momento in cui il proprietario della locanda in cui è rinchiuso il vero figlio svela ciò che era stato tenuto segreto. Florville viene quindi smascherato e, nonostante Gaudenzio inizialmente sembri contrariato, riconosce l’amore e l’unione tra i due giovani.
Nonostante l’intera opera sia sconosciuta e raramente portata sulle scene, la sua sinfonia è particolarmente nota per il peculiare effetto richiesto dal compositore ai secondi violini, ossia quello di battere ritmicamente con l’archetto sul leggio.
Si sa che lo stile rossiniano è brillante, vivace, preciso e cadenzato, a volte anche frenetico che rende giocose le sue opere meno serie: aspetti che si ritrovano dall’inizio al termino de “Il Signor Bruschino”. In effetti l’opera è costantemente energica ed è difficile perdere l’attenzione.
Un pregiudizio che però spesso si ha nei confronti di Rossini è la percezione della “facilità” che alcune sue composizioni potrebbero trasmettere. Nulla di più errato. Basterebbe anche solo leggere la partitura di una qualunque aria per rendersi conto del contrario. La difficoltà nasce spesso già dal ritmo: 6/8, frasi brevi ma ricche di note cromatiche in cui la corretta dizione sembra indispensabile per una buona resa. Per non parlare dei salti di ottava che non devono essere staccati ma nemmeno trascinati. In particolare, per quanto riguarda quest’ultimo aspetto consiglio l’ascolto dell’aria di Sofia “Ah, donate il caro sposo”. Questo pezzo, se interpretato bene, al primo ascolto può apparire semplice, mentre ha in sé alcune difficoltà tecniche come, appunto, gli intervalli. Inoltre, Rossini fu colui che iniziò a scrivere tutte le colorature e le cadenze sempre in linea con il suo stile, pur sempre lasciando una certa libertà agli interpreti, ma non permettendogli più, comunque, la completa improvvisazione.
Personalmente consiglio l’ascolto de “Il Signor Bruschino” per dei semplici motivi: se vi piace l’opera buffa firmata Rossini si va sul sicuro, la trama è semplice e, data la sua breve durata rispetto ad altre composizioni (circa 1h30), non è assolutamente pesante, ideale per chi non vuole sentire qualcosa di impegnativo ma è ideale per chi vuole farsi compagnia con un’opera allegra in questo periodo leggermente infelice. Si consiglia in particolare l’ascolto e la visione di questa edizione dell’opera del 1989 dal Schlosstheater Schwetzingen:
Sara Feliciello