La prima volta che ho rivisto l’Arena dopo il lockdown è stata una sensazione unica: una piazza Bra pressoché deserta abbracciava questa vecchia signora che ha assistito muta e silenziosa alle tragedie e alle gioie che hanno percorso la storia di questa nostra umanità nei mesi scorsi – e ancora oggi – messa alla prova da un male oscuro che speriamo presto ci abbandoni per sempre.

E lei era lì, immutata nella sua gloria, piena di magnificenza, pronta a mostrarci la forza della bellezza e la tenacia degli uomini nel ricercarla. Una bellezza autentica che non vive per sé stessa, ma vive nel senso di comunità e condivisione. Un patrimonio per l’umanità.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Una particolare conformazione caratterizza quest’anno l’anfiteatro veronese: una grande piattaforma al centro che ospita orchestra, direttore e solisti, ovviamente distanziati, e poi tutto in circolo il coro su piattaforme rialzate in scala.

In questo modo ci accoglieva al suo interno la “nostra” Arena ieri sera (25 luglio) per il Gala Il cuore italiano della musica, una serata dedicata ai medici e agli operatori sanitari, che ha visto in scena quasi 30 artisti italiani di altissimo livello, introdotti da una madrina d’eccezione, Katia Ricciarelli.

La serata, che vedeva la presenza del Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, si apriva con Il Canto degli italiani diretto dal piccolo Lucas, nei cui occhi come ha detto Ricciarelli “splende il futuro del nostro paese”. L’Arena si tinge con i colori del tricolore e il pubblico si anima di patriottismo.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Inizia poi la parata degli artisti che vede tra gli altri Roberto Frontali (“Si può?…Si può? da Pagliacci), un emozionato Fabio Armiliato (“Un dì all’azzurro spazio” da Andrea Chénier), l’elegante Michele Pertusi anch’egli al suo debutto areniano (“Ella giammai m’amò” da Don Carlo), Giovanni Andrea Zanon (Capriccio n.24 in la minore di Paganini), Simone Piazzola (“Di Provenza il mar, il suol” da La Traviata ), Maria José Siri (“La mamma morta” da Andrea Chénier), la debuttante in Arena Barbara Frittoli (“Io son l’umile ancella” da Adriana Lecouvreur) e Fabio Sartori (“E lucevan le stelle” da Tosca). Seguono poi Riccardo Zanellato (“Come dal ciel precipita” da Macbeth), Saimir Pirgu (“Ma se m’è forza perderti” da Un ballo in maschera), Eleonora Buratto (“Un bel dì vedremo” da Madama Butterfly), Carlo Lepore (“Madamina, il catalogo è questo” da Don Giovanni). Chiudeva Leo Nucci con il suo cavallo di battaglia “Cortigiani, vil razza dannata” da Rigoletto.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Tra tutti questi interpreti si sono distinti Sonia Ganassi – debuttante in arena – con “Voi lo sapete, o mamma” da Cavalleria rusticana, ha dipinto una Santuzza dall’interiorità ferita e lacerata; Alessandro Corbelli con la cavatina di Dulcamara (“Udite, udite, o rustici”) ha dimostrato, se mai ce ne fosse bisogno, la sua arte di fine dicitore e impeccabile stilista, tanto da farci chiedere quando il magico Elisir donizettiano tornerà in Arena dopo quell’episodica apparizione nel 1936, solo ottantaquattro anni fa.

Conquista la Rosina di Annalisa Stroppa, che con la cavatina “Una voce poco fa” ispira divertimento, ironia e tenerezza attraverso una voce brunita ma capace di sonorità solari e di sciorinare agilità brillanti e precise. Brilla la stella tenorile di Francesco Meli che in “Ah! Sì, ben mio” dal verdiano Trovatore eccelleva per chiarezza di dizione, proiezione vocale e fraseggio studiato ma al tempo stesso appassionato. Donata D’Annunzio Lombardi veste di intensa femminilità e delicata espressività “Vissi d’arte” da Tosca, mentre Annamaria Chiuri è una Azucena dai tratti vocali forti e impressivi (“Stride la vampa”) e nel finale ruba la scena a tutti con la sua presenza irresistibile. Alex Esposito delinea un “O tu, Palermo” da I vespri siciliani fiero e nobilissimo, allo stesso modo Daniela Barcellona (“O mio Fernando…Scritto è in cielo il mio dolor”) è una Leonora della Favorita dal fraseggio eccellente sia nel lirismo dell’aria che nel furoreggiare della cabaletta.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Grande protagonista il coro diretto da Vito Lombardi con “Gli arredi festivi” da Nabucco, “Patria oppressa” da Macbeth e “Va’ pensiero” da Nabucco.

Veniamo ai quattro direttori d’orchestra, motori della serata, dotati ciascuno di un proprio stile direttoriale e di una propria linea interpretativa, elemento che ha indubbiamente arricchito le interpretazioni della serata: il fuoco di Andrea Battistoni nella pagina corale del I atto del Nabucco e il suo dono nell’essere forza trascinante, l’ispirato Francesco Ivan Ciampa che trova nel “Va’ pensiero” il suo punto culminante, realizzando un momento intimo e commovente nella sua autenticità. Da lodare sono anche la maestria di Marco Armiliato, la sua capacità di esaltare le linee melodiche e l’eleganza e il senso di teatro di Riccardo Frizza. Dote in comune da esaltare è l’amore per il canto, la capacità di respirare con i cantanti che tutti e quattro i maestri mostrano, una dote rara e essenziale per dare “vita” alla musica e “fare” musica.

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Al termine un autentico trionfo festeggiato con il popolarissimo “‘O sole mio” ripetuto in loop.

Francesco Lodola

Verona, 25 luglio 2020

 

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