Secondo e ultimo appuntamento questa mattina con “i Fiati del Verdi” e la direzione del M° Paolo Longo, un concerto raffinato e interessante che ha ben spaziato nel repertorio poco conosciuto della letteratura per strumenti a fiato. ll concerto ha visto pagine impegnative del 900 quali la Suite per Fiati op 4 di Richard Strauss, la Vitrail pour un Temps de Guerre del francese Jacques Charpentier e la celebre “Fanfare for the common man” di Aaron Copland. La “sinfonietta” di Strauss è una pagina molto interessante e ahimè raramente eseguite composta nel 1881 ed eseguita nel 1884 a Dresda, la composizione con una forma stilistica dichiaratamente vicina alla “sinfonia classica” vede un continuo incastro di strutture musicali perfette, incastrate non solo orizzontalmente ma anche verticalmente. I fiati del Verdi han accolto il pubblico presente con un’esecuzione convincente, positiva e molto sentita, i numerosi soli presenti nella partitura sono stati ben accompagnati dal ensemble e il tutto è sembrato un semplice ma raffinatissimo dipinto. Vale la pena sottolineare il gran lavoro del primo clarinetto che nel secondo movimento della suite ha reso onore alle molteplice potenzialità del suo strumento , al primo oboe che durante tutta la suite ha sfoggiato tecnica e freschezza con una rara grazia. Affascinante la compattezza sonora della famiglia dei fagotti (in questo caso 2 fagotti e controfagotto).
Le Vetrate eseguite per la prima volta quasi 100 anni dopo la suite è un opera ammaliante e complicata. Chi si aspetta un’opera melodica di stampo romantico, dovrà sicuramente cambiare idea. La vetrata e una struttura geometricamente perfetta, fatta di figure anche lontane ma molto ben delimitate in un contorno. Il brano è una fotografia meticolosa di una guerra, le sonorità della partitura sono aspre e dure, ma il silenzio alternato è un collante perfetto. La direzione meticolosa del maestro Longo ha reso questa partitura vicina ad ogni ascoltatore che sicuramente sarà tornato a casa con una propria riflessione interna sul tempo di Guerra. Il concerto vedeva come ultimo brano la celebre Fanfare for the common man di Aaron Copland, brano del 1942 per brass ensemble e percussioni, questo brano nel corso dei anni ha avuto sempre più valore spirituale, venendo la figura del “common man ” o del uomo comune sempre più messa al centro di tanti pensatori.

Oggi, il maestro Longo assieme ai suoi splendidi musicisti ha ben lanciato un messaggio di speranza. L’aggressività delle percussioni iniziali infatti con il passar del tempo diventa sempre più un unico grande suono compatto e pieno quasi ad urlare “mai più guerre”. Il teatro Verdi, in questo tempo sta scoprendo sempre più la grande professionalità delle sue maestranze che anche in questo periodo di Covid 19 ha ben saputo essere presente con la sua programmazione all’interno della città. I “fiati del Verdi” sono una bella sorpresa, tecnica, raffinatezza e potenza sonora nei programmi presentati sono il punto di forza di questa compagine che spero si esibisca molto presto. Il maestro Paolo Longo, accompagna e guida questo gruppo con eleganza e tecnica, la complicità che c’è tra lui ed i “suoi” orchestrali rende ogni concerto unico ed interessante.
Matteo Firmi
Trieste, 2 agosto 2020