L’Arena, il trionfo del “popolare”, il tempio dell’opera italiana, si ricongiunge all’autore più “popolare” del teatro musicale tedesco, Wagner, in una serata di accensioni e di estatici abbandoni.

Le affinità con questo luogo e con il suo spirito essenziale vanno oltre la superficie della fama del compositore di Lipsia, ma vanno a pescare nell’interesse che Wagner aveva per il “popolare”, argomento cruciale per capire la sua estetica, che non è qui la sede per sviscerare, poiché ci vorrebbero dei volumi di ampiezza enciclopedica per farlo.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Limitiamoci ai dati storici. Wagner fece il suo ingresso in Arena nel 1922 con un Lohengrin benedetto dalla bacchetta del Maestro Tullio Serafin e con l’altrettanto benedetta voce di Aureliano Pertile, che canterà il ruolo del titolo anche nel 1933. A questo Lohengrin seguirono Parsifal (1924), I Maestri Cantori (1931), Tannhäuser (1938), un altra edizione di Lohengrin nel 1949 (con Renata Tebaldi, Gianni Poggi, Boris Christoff e Elena Nicolai), La Walkiria (1950) fino alle recite memorabili, a detta di molti, di Lohengrin del 1963 con la straordinaria Elsa di Virginia Zeani.
Un autore dimenticato dall’Arena più recente, tranne che per due occasioni, un concerto nel 1983 con Gwyneth Jones e un Gala Verdi/Wagner nel 2013 con Violeta Urmana, ma che ha invece avuto, come abbiamo osservato, un rapporto di grande solidità con l’anfiteatro fino agli anni ‘60. Un Wagner certo cantato in italiano: proprio pochi giorni fa una fervente appassionata mi cantava a memoria il coro dei pellegrini del I atto del Tannhäuser ascoltato tanti anni prima in Arena, ma un Wagner amato dal grande pubblico tanto quanto il genio italiano, Verdi.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

In questo anno 2020, così speciale, Wagner fa il suo ritorno in Arena con uno speciale concerto che porta per la prima volta in Arena Der fliegende Holländer e Tristan und Isolde, di cui si ascoltano rispettivamente l’OUverture e la ballata di Senta e il Liebestod di Isotta. Si ascoltano anche l’OUverture di Tannhäuser, quella di Die Meistersinger von Nürnberg e la Walkürenritt da Die Walküre.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Sul podio il Maestro Gustav Kuhn, vecchia conoscenza dell’Arena di Verona, presente abbastanza frequentemente in anfiteatro fin dal 1985. Il Maestro Kuhn porta sul podio dell’Arena la solidità della sua scuola direttoriale cresciuta sia con il repertorio tedesco che con quello italiano. Ed è proprio questo l’aspetto che si esalta nella sua direzione, la parentela forte e decisa tra Wagner e la linea musicale dei compositori italiani, in particolare Bellini. Risulta in questo modo esaltato il lirismo estatico della morte di Isotta e quello solenne e sacrale di Tannhäuser. Risulta tuttavia meno incisivo nel rendere chiaro l’impianto architettonico dell’orchestrazione wagneriana, come quello glorioso dell’Ouverture di Die Meistersinger von Nürnberg. 

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Ad intonare la ballata di Senta e il Liebestod di Isotta il soprano Ricarda Merbeth, wagneriana di razza, dotata di voce limpida, dal volume non debordante ma capace di imporsi sull’orchestrazione magnificente di Wagner. Il suo temperamento si lancia bene nella ballata di Senta, mettendo in luce una buona compattezza tra il registro grave e quello acuto, e poi brilla per intensità nel Liebestod di Isotta dove l’attacco risulta di rara morbidezza e dove è in grado di sciorinare filati e sfumature di cristallina trasparenza.

Serata di successo con bis del Liebestod di Isotta e di Walkürenritt.

Francesco Lodola

Verona, 7 agosto 2020

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