Si sono spenti da più di un mese ormai gli echi dei concerti areniani di questo 2020 così bizzarro e sfortunato. Ma a Verona non si è spento l’entusiasmo per l’opera: ne è perfetta testimonianza l’affluenza di gente accorsa al secondo concerto della rassegna Verona in Musica del 3 ottobre in Piazza dei Signori, una delle cornici più raffinate e preziose della città scaligera.
Facciamo un applauso a tutti questi coraggiosi, pronti a sfidare anche una serata ottobrina dalla temperatura tutt’altro che mite. L’applauso si raddoppia davanti alle masse artistiche di Fondazione Arena schierate con coraggio, in un programma tutto belcantista che si apriva con la sinfonia de L’Italiana in Algeri, l’ultima opera andata in scena al chiuso, al Teatro Filarmonico, a febbraio 2020. Seguivano poi i cori da Don Pasquale (“Che interminabile andirivieni) e La Sonnambula (“Qui la selva è più folta ed ombrosa” e “A fosco cielo, a notte bruna”), oltre che la Sinfonia de La Cenerentola. L’orchestra sotto la guida di Jordi Bernàcer si dimostra puntuale ed elegante. Altrettanto brillante è la forma in cui si presenta il coro diretto da Vito Lombardi.

Veniamo ai solisti, i quali con altrettanto coraggio hanno sfidato la temperatura autunnale, gli impavidi Enea Scala e Ruth Iniesta, coppia già collaudata nella felicissima Lucia di Lammermoor che ha aperto la stagione del Filarmonico all’inizio di questo funesto anno.
Enea Scala conferma di avere le stimmate del grande cantante, che trova il suo terreno d’elezione nei grandi eroi del Belcanto, dove emerge la nobiltà di un timbro peculiare e un’accentazione forbita. Esordisce con la cavatina di Rodrigo da La donna del lago, un’aria impervia scritta da Rossini per Andrea Nozzari, che esige dunque robustezza nel registro grave e centrale come in quello acuto, caratteristiche perfettamente aderenti a quelle di Scala. Il tenore ritorna poi in scena con la grande aria di Edgardo da Lucia, ruolo di cui è assolutamente padrone. Rimaniamo altresì piacevolmente conquistati anche dal suo Pollione (“Meco all’altar di Venere”), finalmente restituito alla sua virilità e ad un timbro finalmente scuro e bronzeo.

Ruth Iniesta brilla per un’espressività capace di ammantare i suoi personaggi di sensazioni e vibrazioni, mai esibite, ma anzi interiorizzate, sorgive e sincere. Per questo la sua Giulietta nella cavatina dei Capuleti e i Montecchi (“Eccomi in lieta vesta”) commuove nell’intonare quel recitativo apparentemente così semplice, ma che va quasi sospirato (cosa difficile da fare in una condizione acustica che non è certamente quella di un teatro). Lo stesso fa Lucia nella sua aria di entrata, già preda di una follia che parte dalla sua anima ferita. Chiude la sua esibizione con la grande scena di Amina de La Sonnambula, altro momento delicato e tenero. Di pari livello è la virtuosa, sciolta nel canto di agilità e nell’uso delle sfumature anche ad alta quota.

Un grande successo al termine, con ben due bis, “Verranno a te sull’aure” da Lucia e “Guerra, guerra!” da Norma.
Ci fa piacere ricordare che il concerto è stato dedicato a Luca Targetti, figura di spicco nell’ambiente della lirica, venuto a mancare a marzo, a causa del Covid-19, e apprezzato per la sua passione sincera e il coraggio nel dare fiducia nei giovani e seguirli nella loro crescita, come è stato raccontato da un emozionato Enea Scala all’inizio della serata.
Francesco Lodola
Verona, 3 ottobre 2020