I Puritani di Vincenzo Bellini è un’opera che mancava dal Costanzi da circa 30 anni, infatti l’ultima edizione fu quella che vide personalità del calibro di Mariella Devia e Chris Merritt nell’ormai lontano 1990. Si capisce perciò l’attesa per questo titolo soprattutto in un momento in cui, a causa del Covid-19, siamo ancora costretti alla chiusura dei teatri e dunque le operazioni del Teatro dell’Opera di Roma assumono un forte significato di resistenza, ossia quello di voler continuare a fare cultura con l’unico mezzo ad oggi possibile: lo streaming. Ma anche perché testimonia l’impegno a voler mantenere viva l’attenzione sui titoli di Belcanto in una stagione teatrale, si vedano le scorse stagioni in cui erano presenti Capuleti e Montecchi, Anna Bolena, La Sonnambula e Maria Stuarda per citarne alcune.

©Yasuko Kageyama/TOR

Ma veniamo alla serata: l’opera, eseguita in forma di concerto, vede alla direzione Roberto Abbado, il quale sa ben accompagnare gli interpreti, caratteristica fondamentale nell’esecuzioni di opere belcantiste. L’orchestra, infatti, è oramai una garanzia di qualità del teatro, così come il Coro, preziosamente preparato dal Maestro Roberto Gabbiani, fra le carte più vincenti e pregiate di questa produzione. Ma veniamo al cast vocale: nel ruolo di Elvira Valton, troviamo Jessica Pratt, beniamina del teatro dell’Opera di Roma che la considera “di casa” nei grandi ruoli d’agilità del Belcanto (sono state memorabili le precedenti produzioni di Lucia di Lammermoore, Sonnambula e Linda di Chamounix). Le sue cifre stilistiche sono sicuramente le salde agilità e un ricchissimo registro acuto che risulta sempre facile e mai meccanico; in “Son vergin vezzosa” sa ben giocare con le dinamiche producendo acuti in piano che lasciano a bocca aperta. Anche l’arte della variazione è ben nota al soprano australiano che ci dona un delirante ed incisivo “Vien diletto”.

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Nella parte di Lord Arturo vi era Lawrence Brownlee, al suo debutto al Costanzi. Non delude assolutamente le altissime aspettative, cesellando una minuziosa “A te, o cara”. Il timbro è morbido, espressivo e sempre omogeneo: la linea vocale dal grave all’acuto è infatti precisissima.  Sir Riccardo Forth era Franco Vassallo, pur con un inizio un po’ tiepido in “Ah! per sempre io ti perdei” si riprende in corso d’opera e conclude brillantemente la sua performance.

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A completare il cast il sicuro e saldo Sir Giorgio Valton di Nicola Ulivieri e anche il Lord Gualtiero Valton del giovane Roberto Lorenzi. Nel cast anche due giovani talenti del progetto “Fabbrica” del teatro: Rodrigo Ortiz, interpretante Sir Bruno Roberton e Irene Savignano, nel ruolo di Enrichetta di Francia, entrambi dotati di bel timbro, soprattutto Savignano risulta molto espressiva non solo vocalmente, ma anche nella gestualità.

Lo spettacolo è senz’altro un esperimento riuscito e con delle soluzioni piacevoli anche agli occhi, come l’idea di continuare a concepire lo spazio teatrale come un unico blocco da poter usare e riempire totalmente. Ciò che però dispiace è stata l’idea di una forma di concerto eccessivamente vocalista. Le voci sono state infatti, per lo più, impeccabili, ma non tutti i personaggi erano del tutto delineati e l’assenza di movimenti scenici ha contribuito a questo effetto. Impressionante, se non triste, è stata l’immagine finale degli inchini senza applausi, che ancora una volta ci ammoniscono e ci ricordano quanto sia forte la nostalgia del teatro dal vivo.

Paolo Mascari e Sara Feliciello

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