La bohème è senza dubbio l’opera più profondamente legata, nella tradizione e nella storia, al Teatro Regio di Torino e certamente nessuno mai si sarebbe immaginato, quel primo febbraio 1896, di arrivare a festeggiare un secolo ed un quarto da quella prima assoluta nella città sabauda a teatro chiuso, con l’orchestra parzialmente esteso in platea, coro e figuranti “mascherati” e amanti in scena costretti a mantenere quell’ormai tristemente famoso metro di distanza. Presa coscienza ed accetta la situazione, penso sia unanimemente ed oggettivamente considerabile con eccezionale apprezzamento l’enorme sforzo adoperato da parte di tutte le maestranze del Teatro per riuscire a portare in scena questa Bohème del 125°. Andata in onda sul canale Classica HD di Sky il 30 e 31 gennaio, ed inizialmente prevista in streaming a partire dal 01 febbraio, dopo alcuni problemi tecnici è ora visibile on-demand sul sito del Teatro Regio di Torino da giovedì 4 a giovedì 11 febbraio. Il portale è di facile accesso, veloce e chiaro nella trasmissione, la qualità delle riprese è di alto livello, insomma il mezzo per godersi l’opera tranquillamente da casa c’è ed è assolutamente efficace, ben inteso che il “teatro dal divano” non potrà mai sostituire quello dal vivo, e forse non sarebbe nemmeno necessario sottolinearlo.

La messa in scena, che porta le firme di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi alla regia, Leila Fteita come curatrice delle scene, Nicoletta Ceccolini come curatrice dei costumi, Rinaldo Rinaldi come pittore scenografo, ed Andrea Anfossi alle luci, è di quelle all’insegna della tradizione, con fondali dipinti, scene e costumi fedelissimi ai bozzetti originali di Adolf Hohenstein e luci trasognanti di invernale magia parigina, senza per questo mai cadere in immagini stucchevoli o kitsch. Bisogna poi evidenziare come siano stati magistralmente coordinati i movimenti in scena, sempre cercando di mantenere le distanze, eliminando inevitabilmente effusioni amorose varie, non arrivando per questo a far credere di trovarsi di fronte ad uno spettacolo di Robert Wilson.
Il Coro del Teatro Regio di Torino, diretto dal Maestro Andrea Secchi, è risultato essere ancora una volta, vocalmente e scenicamente, in forma smagliante, punto, se possibile, di lode ancor maggiore qualora si pensi a tutti i mesi di inevitabile e forzato fermo.

Discorso assolutamente analogo per l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, diretto dal Maestro Daniel Oren, affezionatissima presenza sul podio subalpino che non manca di accompagnare e guidare la musica in perfetta simbiosi con regia e cantanti, in favore della partitura e del compositore.
Parlare di voci dopo un ascolto online non sarà mai come parlarne dopo un ascolto dal vivo, ed è dunque giusto essere più cauti nelle osservazioni.
La tenera fioraia Mimì viene interpretata dal giovane soprano Maria Teresa Leva, in pieno possesso del cosiddetto physique du rôle e della genuinità scenica e vocale che tale ruolo richiede. Iván Ayón Rivas è chiamato ad interpretare il poeta Rodolfo. Il giovane tenore peruviano ha un timbro di voce di particolare bellezza, chiaro e squillante, assolutamente efficace nei panni di un giovane bohémien, così come efficace è risultato scenicamente, con quell’aspetto spensierato e vivace che ci si aspetta di trovare in un giovane ragazzo che, nella Parigi del 1830, decideva di abbracciare quello stile di vita. Tecnicamente c’è da acquisire qualche sicurezza in più, specialmente negli acuti, ma sarebbe interessante riascoltare questo cantante dal vivo.

Hasmik Torosyan è una bella e brava Musetta. Il soprano armeno sfrutta tutte le sue caratteristiche vocali e fisiche per delineare con maestria quello che è stato verosimilmente il personaggio più riuscito di tutto lo spettacolo. Massimo Cavalletti è probabilmente il volto più noto dal pubblico sul palcoscenico, e delinea, dall’alto della sua consolidata carriera, un Marcello saldamente valido sotto ogni punto di vista. Efficaci e valenti il Colline del basso Alessio Cacciamani e lo Schaunard del baritono Tommaso Barea, giovani e prometteniti voci.

Note di merito per il basso Matteo Peirone, un Benoît ed un Alcindoro di lusso, divertente scenicamente e gagliardo vocalmente. Completano correttamente il cast il venditore di prugne di Franco Traverso, il Parpignol di Alejandro Escobar ed il Sergente dei doganieri di Desaret Lika.
Nel complesso, dunque, uno spettacolo gradevolissimo e dignitoso, per una sobria ripartenza che si spera possa condurre a ben maggiori sviluppi.