Torna al Teatro Regio di Torino, dopo un’assenza di neanche tre anni, il capolavoro mozartiano Così fan tutte, ossia La scuola degli amanti. Un ritorno, chiaramente, senza pubblico in sala, ma com’è già avvenuto per La bohème dello scorso febbraio, registrata e poi trasmessa on-line con, va precisato, un’ottima qualità sia dell’immagine sia dell’audio, sia nella dinamicità delle riprese, aspetti questi fondamentali per cercare di riprodurre al meglio le sensazioni di una rappresentazione musicale dal vivo, ma comodamente seduti sul divano di casa, in attesa di poter tornare ad occupare le belle poltrone di velluto rosso.

L’occasione è particolarmente prestigiosa poiché rappresenta la prima collaborazione del Maestro Riccardo Muti con le maestranze artistiche del teatro torinese, e che si spera possa condurre a numerose altre collaborazioni. L’Orchestra del Teatro Regio, come già aveva dato modo di dimostrare, pare non aver minimamente sofferto (in termini di qualità artistica) il lungo silenzio imposto dal covid, e col Maestro Muti tutti i pregi di questo grande organico di artisti viene esaltato; ogni singolo suono pare essere cesellato con una marcata e rigorosa grazia, pare venir pensato e dosato, calibrato minuziosamente al servizio di un Mozart caldo e quasi “mediterraneo”. Contribuisce a tanta grazia Luisella Germano, Maestro al fortepiano. Discorso assolutamente analogo per il Coro del Teatro Regio di Torino, col suo Maestro Andrea Secchi.
L’allestimento giunge da una coproduzione tra il Teatro San Carlo di Napoli, da cui provengono scene, costumi ed attrezzeria, e la Wiener Staatsoper, andato in scena la prima volta nel 2018. La firma per la regia è di Chiara Muti – figlia del Maestro- a cui va il merito per aver creato uno spettacolo di grande eleganza e semplicità, in perfetta sintonia col lavoro del padre. Quello che colpisce sicuramente di questo allestimento è, fondamentalmente, una certa staticità sia nelle scene di Leila Fteita sia nelle luci di Vincent Longuemare, che se da un lato spiazzano per l’ambiente che creano, a tratti quasi asettico, stupiscono piacevolmente dall’altro per la regalità e sinuosità che creano, in linea con la direzione musicale, senza per questo rendere il tutto monotono e tedioso. Restano cromaticamente in linea con luci e scene i raffinati costumi di Alessandro Lai, mentre i movimenti in scena vengono sapientemente risolti con eleganza e vivacità per una trama che non richiede certamente particolari colpi di teatro.

Tornando al versante musicale, si è delineato un cast di solisti, completamente italiano, fatto non così consueto, lineare ed armonioso nel complesso, e di assoluto rilievo; cominciando dal soprano Eleonora Buratto, da cui emerge una Fiordiligi di grandissimo pregio, completa vocalmente nella rotondità del suono, nella sicurezza in tutti i registri, con particolar riguardo per le note gravi, di cui la partitura è ricca, tutte sempre a fuoco e con un fondamentale coinvolgimento della risonanza di petto, purtroppo spesso dimenticata nei ruoli mozartiani, sempre con grande rispetto per la propria voce e sempre nei limiti della compostezza ed eleganza, ed ancora risolvendo in maniera impeccabile i passaggi di registro, in particolare tra quello medio e quello grave. Scenicamente viene esaltata dalla sua figura questa regalità e imperiosità assolutamente centrati nel ruolo.
La parte di Dorabella viene affidata al mezzosoprano Paola Gardina, anch’essa assolutamente preziosa e completa artisticamente, dotata di un timbro a tratti più pungente, ma sicuramente piacevole. Alessandro Luongo è un baritono di assoluta efficacia, convincente scenicamente e di grande pregio vocalmente; da manuale l’esecuzione dell’aria “Donne mie, la fate a tanti”. Il giovane tenore Giovanni Sala si rivela non solo un ottimo Ferrando, ma un professionista di spessore, in grado di tener testa a tutti i suoi colleghi, con grande maturità artistica, delicatezza e pulizia vocale sorprendenti, e con punte di assoluta eccellenza in special modo nell’aria “Un’aura amorosa”.

Completano il cast, anche loro con assoluta efficacia e grande accuratezza vocale e scenica, il mezzosoprano Francesca Di Sauro nei panni di una Despina frizzante, e lontanta dai soliti cliché da soubrette, e Marco Filippo Romano nei panni di un Don Alfonso autentico baritono buffo, divertente e raffinato.
Congratulazioni ad un cast ottimamente pensato ed omogeneo, rivelatosi assolutamente vincente. Ci auguriamo di poterli presto risentire dal vivo.