Didone abbandona le sue vesti mortali per abbracciare il mito, e noi siamo lì, intorno a lei, come il coro della tragedia greca, con il capo basso, spargendo rose “delicate come il suo cuore” al suo passaggio trionfale. Così si chiude il Dido and Aeneas di Henry Purcell, andato in scena (con la sola partecipazione degli addetti ai lavori) al Teatro Filarmonico di Verona giovedì 25 marzo e da domani alle ore 15.00 visibile sulla WebTV dell’Arena di Verona e sul canale YouTube, mentre sarà su Facebook da sabato 3 aprile alle 15.

L’opera di Purcell, gemma del teatro musicale barocco britannico, anzi praticamente un unicum, considerando la mancanza di uno sviluppo di una scuola nazionale, mette al centro l’universo femminile, la natura di donna e sovrana di Didone, quella misteriosa ed esoterica delle streghe e il riflesso di questo universo sui pianeti orbitanti intorno ad esso, come nel caso di Enea che nel I atto manifesta a Dido l’impossibilità di disgiungere il proprio destino dal suo. L’altro tema dell’opera è il viaggio e l’esilio, inteso sia come lontananza fisica (nel caso di Enea) che come abbandono (la causa che spinge Dido al suicidio). Questo caposaldo dell’opera barocca era preceduta da “Giusti Numi che il ciel reggete”, ossia la cantata Didone abbandonata di Niccolò Jommelli, brillante esempio della scuola napoletana, in cui emerge la forza del recitativo e in un canto di crescente intensità.

©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Stefano Monti (curatore anche delle essenziali scene e dei bei costumi) con il contributo fondamentale dell’Associazione di teatro e danza STED di Modena, mette in scena tutto questo con eleganza e soprattutto con un’intensità simbolica ed emotiva di rara forza. Il teatro intero prende vita con una soluzione di continuità tra palcoscenico e sala, in cui la platea ospita l’antro delle streghe per poi trasformarsi nel III atto con dei teli dipinti e dei galeoni in miniatura nel mare che accoglie il canto dei marinai, e la sublimazione finale di Dido. Il climax dello spettacolo raggiunge il suo culmine, proprio come dicevamo all’inizio, nella Danza di Amori finale, quando Dido scende dal palcoscenico e cammina regalmente nel corridoio centrale della platea. Il silenzio che si è raggiunto in quel momento e il suo perdurare fino all’ultimo inchino, resterà uno dei momenti più toccanti, e il successivo “sgelo” al termine della registrazione, con i nostri pochi applausi in una sala desolatamente vuota, ci hanno ricordato la ragione per cui il teatro è condivisione e fratellanza.

Dal punto di vista musicale Giulio Prandi, bacchetta preziosa in questo repertorio, in grado con dedizione, eleganza e purezza di restituire la forza drammatica di Jommelli e la lievità malinconica dell’opera di Purcell. Nella cantata di Jommelli ben gli risponde la voce di Maria Grazia Schiavo, brillante nella vocalizzazione e vivida nell’espressione. Altrettanto vincente è la sua prova nei panni di Belinda del Dido and Aeneas. Brillante anche la prova di coro e orchestra.

©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Compatto il cast dell’opera di Purcell, con in testa la Dido di José Maria Lo Monaco, la quale conquista grazie alla bella vocalità morbida e calda, la cura espressiva e la presenza scenica regale e affascinante. Accanto a lei Renato Dolcini è un Aeneas dal canto virile e luminoso. Eleonora Bellocci veste adeguatamente i panni della Second Woman. Attorialmente e vocalmente persuasiva la Sorceress di Lucia Cirillo, a cui ben si affiancavano Marta Redaelli (Second Witch) e Federico Fiorio (interprete dei ruoli della First Witch e dello Spirit). Adeguato anche il contributo di Raffaele Giordani (Sailor). Ricordiamo il contributo attoriale di Tony Contartese nei panni di Jack o’Lantern, personaggio che interviene nell’antro delle streghe e che secondo una certa tradizione rivestirebbe un ruolo allegorico, in quanto personaggio della mitologia anglosassone che andava a contrapporsi metaforicamente alla tradizione cattolica europea.

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