Una bella edizione dell’opera francese di Claude Debussy che avrebbe dovuto inaugurare il 2020 di Parma Capitale Italiana della Cultura va in scena in un Teatro Regio quasi vuoto. L’occasione è la registrazione a cura di Rai Cultura dell’opera, visibile su Rai5 il 22 Aprile.
E’ un’atmosfera quanto mai spettrale quella che si respira nella silenziosa e completamente vuota sala del Regio, abituata allo straripare di un pubblico appassionato che da troppo tempo non la affolla più (eccezion fatta per le sparute occasioni, comunque a capienza ridotta, dello scorso autunno). Ai pochi fortunati della stampa ad essere presenti è infatti giustamente richiesto di non applaudire o recare disturbi al lavoro dei cameramen che registrano lo spettacolo in un teatro diventato un set, in vista della trasmissione televisiva del 22 aprile, su Rai5.
Spettrale si diceva, come l’efficace allestimento pensato da Barbe&Doucet per quest’opera. Essi infatti concepiscono regia, scene e costumi ispirandosi allo Spiritismo tardo ottocentesco e in particolar modo reinterpretando il quadro “L’isola dei morti” del simbolista Böcklin. L’ambientazione vede il prevalere di tre elementi quali l’acqua, materialmente presente sul palcoscenico con più vasche in cui i personaggi camminano, le luci, quasi oniriche, di Guy Simard, e più isole di terra sospese qua e là da cui pendono onnipresenti le radici. Queste ultime in particolare assumono un significato importante e arrivano a confondersi e trasformarsi nei lunghi capelli di Mélisande nella celebre scena che la vede duettare con Pelléas. I personaggi, quasi tutti nelle tonalità del bianco, appaiono e assumono movenze da spiriti solitari alla ricerca di una pace che sembra sfuggire.

Ben assortito è il cast degli artisti. Monica Bacelli, nei panni di Mélisande appare efficace nel mettere la voce al servizio del personaggio, con l’intelligenza di un’artista che sa come valorizzare tanto i propri punti di forza quanto quelli deboli. Phillip Addis è un Pelléas generoso e appassionato, Michael Bachtadze un Golaud più “maturo” anagraficamente del fratellastro e di cui emergono tutti i lati e le evoluzioni del carattere. Convincono anche Vincent Le Texier, un autorevole Arkel, Enkelejda Shkoza, come Geneviève e Silvia Frigato, credibile nella parte della piccola Yniold. Nota di merito anche per un ottimo Andrea Pellegrini, come medico e pastore.
La direzione dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini, in grande forma, è del Maestro Marco Angius, autore di una prova che ci è parsa assai pregevole. Angius si destreggia infatti nella complessa e intensa partitura con ispirazione, dandone una lettura che si smarca da una certa monotonia a cui questa musica rischia di essere sovente soggetta. Al contrario, non mancano slanci espressivi e le differenti dinamiche del dramma vengono valorizzate e fatte emergere con trasporto. Da sottolineare la superba prova del settore degli archi. Se di tanto in tanto i cantanti vengono sovrastati dall’orchestra ciò non deve considerarsi un problema dato che il tutto è pensato unicamente per un pubblico televisivo che godrà dei necessari bilanciamenti.
Uno spettacolo, quello andato in scena a Parma, che sicuramente meriterebbe di essere visto dal vivo per poterne godere appieno l’atmosfera dominante e la teatralità che sicuramente lo schermo limiterà ma in attesa che tutto possa finalmente tornare come vorremmo, varrà la pena sedersi sul divano e immaginare di trovarsi su una rossa poltrona di un palchetto del Regio.