Dopo tanti mesi di chiusura, anche al Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste finalmente si riapre il sipario, si riaccendono le luci, si riempiono la platea e i palchi e l’orchestra torna sul palcoscenico per la ripartenza ufficiale della stagione concertistica e operistica del teatro triestino con lo Stabat Mater di Gioachino Rossini.
La serata di apertura di sabato 12 giugno è stata dedicata alla memoria delle vittime del Covid-19, osservando un minuto di silenzio, e a tutti coloro che in prima linea hanno combattuto contro il virus, in particolare le forze dell’ordine, gli operatori sanitari e i lavoratori della grande distribuzione. La scelta dello Stabat Mater risulta quindi essere perfettamente in linea con il fine del concerto: uno sguardo al passato e al futuro allo stesso tempo.

Sul palcoscenico il maestro Valerio Galli ha diretto i solisti, il coro e l’orchestra in maniera molto misurata e composta.
I quattro solisti, tutti a loro agio nel repertorio rossiniano, hanno sfoggiato le proprie qualità vocali pur mostrando di essersi avvicinati alla partitura in modo diverso.
Il fraseggio del soprano Anastasia Bartoli, solido e drammatico allo stesso tempo, si contrappone a quello più delicato e narrativo del mezzosoprano Cecilia Molinari, che mostra la sua massima espressività in Fac ut portem. Il tenore Matteo Macchioni ha presentato un fraseggio più eroico e brillante, a differenza della lettura più intima del basso Gabriele Sagona, il quale ha detto accenti di marcata importanza al testo.

A causa dei distanziamenti interpersonali e della lontananza dal pubblico, la resa sonora del coro diretto da Francesca Tosi è molto più difficile da valutare: nonostante questo, si è ben sentita la voglia di tutti gli artisti di tornare a esprimersi sul palcoscenico.
Che lo “Stabat Mater” sia un grande segno di speranza e di fiducia nei mesi che ci attendono.