Il 9 luglio tornava in scena per la terza recita l’opera regina dell’Arena di Verona, Aida, e con un cast praticamente tutto nuovo, ad eccezione della protagonista e del direttore. Si confermava la funzionalità di un allestimento che rimane però solo mera cornice visiva. Come dicevamo in occasione della prima, non mancano quadri suggestivi, come le sponde del Nilo nel III atto, tuttavia manca una coesione drammaturgica e un lavoro più lineare e pulito su masse e interpreti. L’impressione però è che alla terza recita lo spettacolo abbia indubbiamente acquisito una sua compattezza.
La stessa sensazione la si aveva anche a livello musicale: la direzione del Maestro Diego Matheuz pareva sicuramente più sicura nel gestire le masse e più rilassata nel confrontarsi con una situazione acustica sicuramente problematica, data la particolare posizione del coro.

Nel cast vocale Angela Meade pareva essersi liberata dalle (perdonabili) tensioni del debutto areniano, ritraendo un’Aida ammirevole finalmente varia cromaticamente (risolveva con aplomb il Do filato dei Cieli azzurri nemmeno tentato alla prima) e credibile a livello espressivo.
Accanto a lei ritrovavamo Murat Karahan nei panni di Radames, il quale intelligentemente gestisce il ruolo affrontandone ogni ostacolo con musicalità, sicurezza tecnica e giusto temperamento. Del suo protagonista si apprezza il lirismo del finale e la sfrontata facilità con cui affronta “Celeste Aida”, fraseggiata con passione, abbandono, senza l’ansia dell’acuto finale, che peraltro è brillante e interminabile.
Primeggia l’Amneris di Olesya Petrova, che ritroviamo maturata sotto tutti i punti di vista. Vocalmente è sempre sicura in tutti i registri, dal grave al gagliardo registro acuto. Musicalmente onora tutti gli appuntamenti del suo personaggio, con un fraseggio vario ed interessante (dall’attacco in piano di “Ah! Vieni, amor mio, m’inebria” alle invettive verso i sacerdoti).
Per una sola recita e al suo debutto assoluto areniano era Damiano Salerno, il quale metteva in luce efficace quadratura musicale. Certamente una sola recita non è l’ideale perché non permette una crescita e una presa di confidenza con questi spazi particolari, tuttavia non ci pare nemmeno che sia il ruolo che possa mettere in risalto le migliori caratteristiche di questo valente artista.
Nei ruoli di Ramfis e del Re le presenze vocali autorevoli di Rafał Siwek e Romano Dal Zovo. Sempre di altissima qualità il Messaggero di Carlo Bosi, mentre si conferma ottima la Sacerdotessa di Yao Bo Hui.