Una delle opere più amate dal pubblico, La Traviata, è il quinto titolo ad esordire sul palcoscenico dell’Arena di Verona e con una nuova innovativa produzione, nata in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi di Firenze.

Grandi capolavori della storia dell’arte abbracciano Violetta Valery e il suo dramma, suggerendone le atmosfere salottiere, i sentimenti più languidi. Le donne di Boldini, con il loro fascino lascivo, sono sorelle della Violetta verdiana, donna fragile al suo primo incontro con l’amore. Mentre l’impianto led wall che accoglie i quadri e le suggestioni visive appaiono monumentali, l’azione avviene nella piccola struttura scenografica al centro del palco, dove con variopinti paraventi scorrono i luoghi della vicenda. Il punto debole della messinscena è la gestione delle masse, le quali vengono limitate spesso ad uno scorrere circolare lungo le pedane mobili che attorniano il fulcro centrale, così che i salotti di Violetta e di Flora sembrano un poco quelle grandi sale da ballo delle navi da crociera.

©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Sul podio ritornava una delle bacchette più apprezzate degli ultimi festival areniani, il Maestro Francesco Ivan Ciampa, il quale si conferma guida di alto livello. I tanti squilibri sonori uditi in queste prime settimane di festival, spariscono qui davanti all’autorevolezza di Ciampa, che tiene saldi nelle sue mani sia orchestra che coro. Non si limita a questo, ma costruisce un arco narrativo sempre interessante, si dedica al palcoscenico con senso del teatro sempre rigoglioso, aiutando il canto dei protagonisti, sostenendoli e mettendo in luce le caratteristiche e le abilità peculiari di ognuno. Questo è l’esempio di come si fa l’opera italiana.

Sul palcoscenico dopo un valzer inesauribile di Violette comparse e scomparse dalla locandina, ritrovavamo la protagonista di Irina Lungu, che quasi senza prove accettava la sfida, mostrando una certa e giustificata cautela, soprattutto nel I atto. Nel prosieguo cresce sia vocalmente che interpretativamente, sfoggiando la bella sensibilità che ha sempre mostrato di possedere.

©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Al suo fianco l’Alfredo di Francesco Meli, che in uno dei suoi ruoli d’elezione, è ancora una volta splendido, grazie al timbro lucente, la dizione impeccabile e al modo sincero, sensibile di porgere la frase. Non c’è momento che Meli non illumini con partecipazione e intensità sia vocali che teatrali.

Degno padre di cotanto figliolo è Luca Salsi, Germont impeccabile, abile nel creare un personaggio superbo, autoritario, abile nello sfoggio di dialettica vocale e interpretativa nella sua grande aria, “Di Provenza il mar, il suol”, così come nella cabaletta, che necessità di un vero artista per far uscire la sua forza drammaturgica. Salsi fortunatamente lo è.

©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Tra le parti di fianco si lodino il Gastone di Carlo Bosi, un nome, una garanzia, la voce importante della Flora di Victoria Pitts, la luminosa Annina di Yao Bohui e il Dottor Grenvil di Romano Dal Zovo. Bene anche Natale De Carolis (Marchese d’Obigny), Nicolò Ceriani (Barone Douphol), Max René Cosotti (Giuseppe) e Stefano Rinaldi Miliani (Un domestico/commissario). Efficaci le coreografie eseguite dalla Prima Ballerina Eleana Andreoudi.

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