L’interpretazione, intesa nella sua connotazione filosofica, è un processo di lettura critica di un testo, un atto maieutico di estrazione di una verità non solo dall’oggetto dello studio, ma anche da sé stessi. Ci sono personaggi d’opera nei quali per un artista è necessario intraprendere questo cammino, per trovare una propria dimensione all’interno di un’anima altrui. E’ il caso di Carmen, ed è il caso della Carmen che ci ha raccontato Annalisa Stroppa, attesa protagonista al Teatro Massimo di Palermo, dove interpreterà lo straordinario personaggio il 17, 19, 22 settembre.

Carmen ha una sua dimensione iconica (forse anche un po’ stereotipata), che viene avvicinata spesso alla figura di Don Giovanni: qual è la tua percezione del “mito” Carmen?
E’ indubbio che Carmen sia un’icona e un mito: basti pensare che anche chi non è appassionato di opera conosce Carmen, perché è un personaggio che grazie alle sue caratteristiche e alla sua modernità arriva davvero a chiunque. E’ diventata una figura femminile iconica, popolare. Per quanto mi riguarda trovo una differenza fondamentale tra la figura di Carmen e quella di Don Giovanni. Quest’ultimo agisce per auto-confermare la propria virilità, per narcisismo ed egocentrismo, quindi le sue conquiste sono conferme per lui di quanto sia attraente e seducente: si nutre di questo. Carmen, invece, è sé stessa e chi vuole essere rapito dal suo fascino la segue. Non ha bisogno di affermare il proprio valore o di alimentare il suo ego, è già una donna completa, libera di scegliere. Carmen durante tutta l’opera compie continuamente scelte consapevoli. Per questo sono due personaggi completamente differenti: la forza di Carmen è la sua coerenza, la sua convinzione nel prendere determinate decisioni, nel suo desiderio infinito di libertà che la porta persino a scegliere di morire. E’ un personaggio catalizzante, carismatico, che è impossibile non amare. 

Annalisa Stroppa – Carmen a Palma de Mallorca

E’ anche una vincente…mentre Don Giovanni durante tutta la vicenda va praticamente “in bianco”…
Sì, lei vince, non nei confronti degli altri, ma di sé stessa. Anche la scelta che opera nel finale la porta ad andare consapevolmente incontro al proprio destino, alla morte per mano di Don José. Non muore perché sfida la legalità o le convenzioni sociali: muore realizzando sé stessa seppur nella tragedia. 

Questo ci proietta già nella concezione di Calixto Bieito del personaggio…
Il personaggio di Carmen è di per sé di enorme attualità, ancora oggi la figura della donna fatica ad affermarsi nella società, dovendo sempre lottare per trovare il proprio spazio. Il secondo tema attualissimo è quello del femminicidio, tema, purtroppo, assolutamente centrale nel nostro tempo. In altre culture, non così lontane da noi, la donna occupa una posizione di inferiorità nei confronti dell’uomo ed è ancora vista, a volte, come merce di scambio. 

Ci riporta alla triste attualità delle donne afghane, costrette spesso al silenzio o a nascondere persino il volto…
Impossibile non pensare a questo parallelismo terribile. Per questo Carmen è un personaggio più che mai attuale, per il suo potere di esprimersi, di far sentire la propria voce e agire liberamente. Nella regia di Bieito acquista un valore ancor più significativo in relazione al tempo che stiamo vivendo. Il regista ha completamente decontestualizzato la vicenda da ogni tipo di folclore, ambientandola nell’enclave spagnola di Ceuta, in Marocco, ma in realtà suggerendo che possa essere collocata in ogni luogo, in una terra sospesa nel tempo e nello spazio; l’ambientazione non è importante, come non sono importanti i vari oggetti e arredi sul palcoscenico. E’ un deserto in tutti sensi: un deserto di valori, di emozioni, dovuto  all’impossibilità di esprimersi, soprattutto da parte delle donne. Si respira solitudine, un vuoto sociale, sia per i personaggi sul palco, che nella società di oggi, che possiede tutto ma che spesso prova una sensazione di vuoto interiore, mascherato da apparenza, materialità e superficialità. Carmen è sola perché è libera, è diversa da tutte le persone che ha attorno, e per questo è incompresa. Anche di fronte a Don José lei è superiore, perché l’amore di Carmen non è fatto di piccole gelosie o apparenze, il suo è un amore completo: Carmen se ama lo fa al cento per cento, e lo stesso accade anche quando non ama più. E’ una donna senza mezze misure. 

Annalisa Stroppa – Carmen a Palma

E’ una donna di confine, di estremi…
Assolutamente sì. In questa regia è attorniata da tante donne che sembrano simili a lei, ma alle quali manca la sua volontà di andare fino in fondo, di vivere, di affermarsi e di riscattarsi. Questo non lo si capisce solo nella regia di Bieito, ma è già nelle intenzioni di Bizet stesso, il quale quando la compose purtroppo non fu compreso dal pubblico. Carmen fu vista come una provocazione, in realtà era solo troppo moderna, precorreva di gran lunga i tempi, inaccettabile all’epoca di Bizet.

Si direbbe che già nell’idea di Bizet (e anche della novella di Mérimée) Carmen è un’imprenditrice di sé stessa, una donna capace di gestire la propria vita slegata da tutto e tutti…
E’ libera di agire come crede. Confrontando la femminilità di Carmen con quella odierna, si può osservare come nella nostra cultura occidentale il traguardo dell’emancipazione femminile sia stato raggiunto, anche se le battaglie da affrontare sono ancora molteplici. Oggi la donna (intendo sempre nella nostra cultura) è libera di scegliere la propria strada e realizzare sé stessa, può utilizzare la sua intelligenza per ottenere quello che vuole ed essere anche una seduttrice. Dobbiamo essere coscienti dei tanti passi in avanti che abbiamo fatto nella nostra società per arrivare a questo traguardo. Perciò è doloroso vedere che in altre culture tanti sforzi sono stati vani. 

Certo, ed è bello come l’opera che è bellezza riesca a farci riflettere su questo. 

Tornando ad argomenti decisamente più leggeri, parliamo della vocalità di Carmen: Célestine Galli-Marié, la prima interprete, aveva un repertorio tra il decisamente mezzosopranile e da soprano corto se non da soprano tout court…
Carmen è stata interpretata da vocalità sempre diverse, anche se il nostro gusto oggi è piuttosto cambiato: pensiamo a soprani come Maria Callas che ha inciso Carmen. Secondo me Carmen si sposa con una vocalità calda, carnale, mezzosopranile perché deve esprimere i chiaroscuri dell’anima stessa del personaggio così come Bizet lo ha ideato. I colori, le diverse sensazioni che il compositore ha pensato lungo tutta la partitura richiedono una vocalità in grado di donare loro il giusto peso. E’ una scrittura che può essere interpretata da vocalità diverse, ma la mia visione, legata ad una Carmen dal carattere seduttivo e drammatico, è legata al mezzosoprano, e penso che Bizet sarebbe stato d’accordo con me. Credo che ci voglia davvero il velluto nella voce. Ovviamente poi all’interno della vocalità del mezzosoprano devi poter sapere esprimere la completezza del suo carattere vocale, con diverse pennellate di colore: Carmen anche vocalmente è un personaggio completo e difficile. 

Rappresenta un po’ quello che è Violetta de La Traviata per i soprani…
Sì! Esattamente, perché in lei sono racchiusi tanti tipi di canto mirati ad esprimere i suoi diversi stati d’animo: dalla danza popolare come l’Habanera, alla sensualità della Seguedille, alla spensieratezza della Chanson Bohème, al canto legato di tutto il II atto, alla drammaticità dell’aria delle carte e del finale. Ma come dimenticare anche i tanti momenti di declamato, importantissimi nella definizione dell’anima di Carmen. In ogni sua nota c’è carisma, seduzione, ma anche fragilità. Dal punto di vista emotivo e vocale ci sono talmente tante sfumature ed elementi che è complesso rendere il personaggio nella sua totalità: è un ruolo che ti assorbe completamente. Ci vogliono gli acuti, le agilità, il registro grave, all’interno di una vocalità pastosa, intensa, capace di plasmarsi sugli accenti. Oltre all’aspetto vocale, essere Carmen vuol dire anche cantare mentre si balla, muoversi molto, e fare attenzione anche ai dialoghi parlati nelle versioni che li prevedono. Bisogna saper calibrare le energie, soprattutto in una produzione come quella di Bieito che è molto fisica e talvolta cruda e violenta. Io penso che sul palco ci debba essere verità, io ho bisogno di vivere il personaggio, essere profondamente in esso, e per questo quando torno a casa dopo le prove e dopo le recite mi sento distrutta: non credo sia possibile risparmiarsi, è quasi uno stato di trance. Quando cado a terra in scena, io cado davvero…o quando devo spingere qualcuno o qualcosa, devo sentire dentro di me quell’energia che mi spinge a fare quel gesto. Tornare a vivere il teatro dal vivo in questo momento mi porta anche una nuova forza. Ho cantato Carmen durante questi due anni di pandemia, a Wiesbaden e a Brescia, in forma semi-scenica e in forma di concerto (una selezione), e non poter interagire con i colleghi, non poter ritrovare l’energia della scena è stata una difficoltà per me. Il teatro è anche azione e reazione. 

Annalisa Stroppa – Carmen a Palma de Mallorca

Dieci anni fa facevi il tuo debutto in questo ruolo a Trento: dopo esattamente dieci anni torni finalmente ad interpretare questo ruolo in Italia, dopo le produzioni a Limoges (2014), Bregenz (2017-2018), Las Palmas (2018) e Palma di Maiorca (2020). Quali sono le emozioni questa nuova Carmen italiana?
Ne sono felice e sono onorata di cantare questo ruolo in un’occasione così speciale come la riapertura al pubblico del Teatro Massimo di Palermo dopo la chiusura dovuta alla pandemia. Io credo che nulla succeda per caso: questa Carmen con la regia di Bieito è stata l’ultima produzione a Palma di Maiorca che ho interpretato prima dello scoppio della pandemia in Europa. Ho interpretato l’ultima recita l’8 marzo 2020, il giorno della festa della donna, dopo di che il nostro mondo è cambiato totalmente. Questa Carmen al Massimo di Palermo, lo stesso titolo, lo stesso ruolo e la stessa produzione, penso rappresenti l’inizio di un nuovo capitolo per tutti noi. Carmen è un ruolo con cui sento un legame profondo e mi ha accompagnato in questo periodo difficile: è il ruolo che mi ha portato a Wiesbaden il 22 maggio 2020, il primo teatro europeo a riaprire al pubblico quella sera, e poi a Brescia a dicembre 2020, in un altro momento drammatico di questa pandemia. Carmen è libertà, è rinascita, è ripartenza, ed è significativa anche per questo…abbiamo ridato valore alla parola libertà, un valore che prima della pandemia, quando avevamo tutto, davamo per scontato. Ringrazio il Teatro Massimo e tutti coloro che con tanti sforzi hanno reso possibile questa produzione.

Verso quali altri traguardi e ruoli ti porterà Carmen?
Sono un po’ scaramantica, e i teatri stanno ancora facendo un enorme lavoro di riprogrammazione, quindi non posso dire esattamente quali saranno i ruoli che mi attendono, ma di certo ci saranno dei bellissimi debutti all’orizzonte. Il mio sogno con Carmen è di poterlo tenere il più a lungo possibile accanto a me, perché oltre ad essere davvero legata a lei, sento che il ruolo, dal mio debutto a Trento, è maturato molto dentro di me, sia da un punto di vista vocale ma anche da un punto di vista personale ed emotivo. Annalisa si è arricchita di esperienze e Carmen le ha assorbite. Incontrare poi nel mio percorso diverse messe in scene di Carmen e quindi poterne esplorare diversi aspetti, mi entusiasma e arricchisce continuamente. 

E’ un ruolo senza età….non si può smettere di essere Carmen…
Concordo! La fortuna di noi artisti è quella di poterci trasformare e portare le nostre esperienze di vissuto personale sul palcoscenico. In Carmen particolarmente, emergono in scena, degli aspetti personali che nella vita quotidiana per forza di cose non puoi esternare. E’ un ruolo che è adatto anche ad un’interprete più matura. Dobbiamo staccarci dallo stereotipo della femme fatale: certo, è una seduttrice, ma è anche molto di più. Quando canto l’aria delle carte io sento dentro di lei la paura, pur essendo così forte e sfrontata, come si fa a non aver paura di fronte alla morte? E’ una donna con una sua fragilità. Io la vedo emergere sia nel consultare le carte che nel II atto, quando Don José sente il richiamo della caserma e lei si “enfada”, si infervora perché si è messa a ballare e cantare per lui, e lui se ne vuole andare. Carmen in quel momento è un fuoco, ma allo stesso tempo si sente impotente. Non è né una regina, né una principessa, è una zingara fuori dagli schemi, fuori dalla società, torniamo alla solitudine di cui parlavamo all’inizio, quel vuoto intorno che la porta ad isolarsi e ad essere profondamente incompresa, la società ti impone di adeguarti agli stereotipi, al conformismo, oppure rimani solo e incompreso. Carmen sceglie di essere anti-conformista e soprattutto coerente con sé stessa. Penso sia meglio essere coerenti e soli che vivere in modo da convincere gli altri di qualcosa in cui nemmeno tu credi. 

Annalisa Stroppa – Carmen a Palma de Mallorca

Questo nella regia di Bieito viene fuori anche nel confronto con Micaëla, apparentemente una brava ragazza, ma in fondo piuttosto “vipera”…
E infatti, chissà se la storia della madre di José sia vera o sia solo una scusante! 

Un auspicio per questa Carmen palermitana…
Stiamo lavorando e dando il nostro massimo, team di lavoro stupendo. Sono felice di ritrovare in questa occasione anche il M° Omer Meir Wellber, con il quale ho cantato Il Barbiere di Siviglia a Tel Aviv qualche anno fa. L’auspicio è che sia una vera ripartenza, che la musica ritorni a riempire felicemente la sala del teatro e i cuori del pubblico. Spero che possano assaporare e godere pienamente del ritorno della musica, preludio di una nuova epoca in cui riappropriarsi delle nostre vite e delle gioie della quotidianità.

Grazie ad Annalisa Stroppa e In bocca al lupo!

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