Dopo ventiquattro ore dalla prima, il capolavoro di Bizet tornava sul palcoscenico del Massimo di Palermo, rinnovando il legame di amore e morte della novella di Merimée, vissuto attraverso la messinscena di Calixto Bieito, sempre efficace nel delinearne le pieghe più crude e trafiggerle con momenti di grande poesia.
Si rinnova l’interesse per la direzione del M° Omer Meir Wellber, interprete attento e in più di qualche momento ispirato. Manca tuttavia una maggiore coesione con il palcoscenico, con il quale si riscontrava qualche discrepanza.
Sul palcoscenico si confermavano efficaci Hila Baggio (Frasquita), Sofia Koberidze (Mercédès), Carlo Bosi (Le Remendado), Nicolò Ceriani (Le Dancaïre), Giovanni Battista Parodi (Zuniga) e Tommaso Barea (Moralès).

Bogdan Baciu è vocalmente un solido Escamillo, mentre non altrettanto felice si può dire la prova di Sébastien Guèze, un Don José che trova riscatto solo nella II parte dell’opera, pur trovando lungo tutto il corso dell’opera qualche difficoltà d’intonazione e una vocalità non sempre alla pari con le esigenze del ruolo.
Trionfano ancora una volta le protagoniste femminili. Ruth Iniesta è una Micaëla di splendido lirismo, cristallina e dolce nel tessere le linee melodiche di questa fanciulla, ma anche interprete piuttosto decisa e tutt’altro che ingenua.

Dopo questa prova si capisce perfettamente perché Ketevan Kemoklidze è ritenuta ormai da qualche anno un riferimento del ruolo eponimo: non c’è gesto o accento che non trovi in lei una forte verità interpretativa e una intensità espressiva travolgente. E’ in questo aiutata da vocalità importante, di timbro seducente e graffiante al medesimo tempo.
Un caloroso successo accoglieva tutti i protagonisti al termine, con particolare entusiasmo per Iniesta e Kemoklidze.