Tra inedite riscoperte e pagine più note, un pregevole concerto sinfonico-corale riapre il tradizionale appuntamento autunnale con il Festival Verdi di Parma

Per i lettori di IeriOggiDomaniOpera e in particolar modo della rubrica Il Loggione Emiliano, l’appuntamento con il Festival Verdi di Parma rappresenta ormai una puntuale tradizione di inizio ottobre, fortunatamente “resistita” per tutta la durata della pandemia alle chiusure forzate a cui i teatri hanno assistito per lunghi e interminabili mesi. Quest’anno si è tornati nella sede “naturale”, in quella che potremmo definire la Casa del Festival: Il Teatro Regio.

In una stagione che sembra promettere decisamente bene, almeno sulla carta, il primo evento a cui abbiamo assistito è stato il concerto sinfonico corale dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e del Coro del Teatro Regio di Parma, diretti dal Maestro Roberto Abbado. Una serata che ben prima di cominciare anticipava un programma di notevole interesse e varietà, in un excursus tra sinfonie, cori e ballabili, fra pietre miliari della produzione verdiana e riscoperte inedite, frutto del mirabile lavoro di ricerca e studio che il Festival Verdi compie e sostiene.

©Roberto Ricci

Se le premesse dunque erano positive, l’esito lo è stato altrettanto. Sin dai primi imponenti accordi della Sinfonia di Oberto, Conte di San Bonifacio, opera del debutto verdiano, si può apprezzare la dedizione con cui Abbado ricerca l’espressività contrastante che passa dai cantabili degli ottoni alle tinte più drammatiche, focose e frenetiche della seconda parte, senza mai scadere in pesanti strombazzamenti e con un’eleganza che fa del buon gusto la propria cifra distintiva, anche nel roboante e grandioso finale. Seguono quattro momenti corali della medesima opera, in cui fa la sua comparsa il Coro del Teatro Regio, disposto in un semicerchio estremamente rialzato, su una moderna scenografia.

Archiviata Oberto si passa a Il finto Stanislao, o Un giorno di regno, di cui viene eseguita la altrettanto nota Sinfonia e tre cori tra cui quello dei servitori e l’introduzione dell’aria di Giulietta. Anche qua l’irresistibile ritmicità ballabile che caratterizza le pagine musicali della prima opera buffa del Maestro di Busseto, è resa con estrema efficacia esecutiva ed interpretativa tanto dal coro quanto dalle diverse sezioni dell’orchestra che vi si cimentano.

A rendere ancor più variegata l’offerta del concerto ci pensano poi il preludio al terzetto e il celeberrimo “O Signore, dal tetto natio”, da I Lombardi alla Prima Crociata. Straordinario il primo, nella sua struttura tipicamente concertistica ottocentesca e con protagonista il primo violino alle prese con eccezionali virtuosismi grazie a cui è possibile cogliere tanto la grandezza del Verdi strumentale quanto la maestria degli esecutori. Grandioso il secondo, dal toccante pathos nostalgico che il Coro di Parma riafferma e diffonde nell’aria con l’esperienza che lo contraddistingue.

Ultima tra le pagine “note” è la Sinfonia di Giovanna d’Arco, autentico capolavoro di contrasti teatrali e drammatici insiti nella musica, dalle prime note che emergono misteriose e cupe nel silenzio in un meraviglioso crescendo, al dolce incedere dell’andante pastorale.

©Roberto Ricci

Chiude il concerto un trittico di brani composti da Verdi per il Nabucco (Nabuchodonosor) in lingua francese nel 1848 per il Theatre Royal de la Monnaie ed eseguiti per la prima volta in tempi moderni, a seguito della riscoperta effettuata dal musicologo Knud Arne Jürgensen tra i manoscritti originali di Villa Sant’Agata. Il primo non è altro che il coro “E’ l’Assiria una regina”, trasformatosi in “Comme le Dieu Bel notre grande reine”. Il secondo è invece un inedito susseguirsi di ballabili o per meglio dire divertissements, come era uso nel Grand-Opera Francese, di straordinario interesse per varietà di intuizioni melodiche. Una autentica perla che l’Orchestra del Comunale regala al pubblico prima di concludere unitamente ai coristi con un brano che non ha bisogno di presentazioni, il “Va’ Pensiero”, trasformatosi in francese in “Molles brises dans l’air bercées” ma non per questo, nonostante qualche sguardo stupito dell’esperto pubblico parmigiano, meno emozionante del solito. Anche qui l’assoluta adorazione del Maestro e degli artisti tutti per la grandezza di Verdi, concorrono nel fare di quei pochi minuti un momento di magia che si ripete e sempre si ripeterà, eternamente, ogni qual volta risuonerà tra le mura di questo teatro il canto più amato e celebre della storia del Melodramma.

Tra gli applausi convinti del pubblico e le non accettate richieste di bis, si conclude così una bella serata che speriamo possa essere solo l’inizio di una nuova fortunata edizione di questo fortunato Festival.

Parma, 26 settembre 2021

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