La stagione autunnale della Opera Națională di Bucarest, nell’anno del centesimo anniversario del teatro, accoglieva come una gemma una nuova produzione di Norma, creata per celebrare il 220° anniversario dalla nascita del Cigno di Catania, Vincenzo Bellini, nella cui ricorrenza (3 novembre) abbiamo avuto la possibilità di assistervi. Gemma tra le gemme era il ritorno in patria di Elena Mosuc, una vera regina di questo repertorio, che interpretava nuovamente uno dei ruoli in cui è stata acclamata su alcuni dei più prestigiosi palcoscenici del mondo.
La nuova produzione portava la firma di Alice Barb, raffinata regista che infondeva poesia e prezioso gusto estetico alla sua messinscena. Norma secondo la Barb è un personaggio nato sotto Saturno, come quegli artisti di cui parlavano Rudolf e Margot Wittkower, creature lunatiche nel senso originario del termine, ossia poste all’influsso delle fasi lunari. La vicenda è pensata svolgersi in una sola notte, in cui la natura parla attraverso Norma, ella ne è sublime manifestazione, una luce in mezzo ad un mondo quasi fiabesco, popolato anche da spiriti della foresta (interpretati da bravissimi danzatori). Prevalgono quindi le atmosfere pastorali, il mistero sacrale della natura anche nelle scene di Adrian Damian, nei bellissimi costumi di Maria Miu e nelle proiezioni video curate da Dilmana Yordanova e Eftimie Gheorghe Ovidiu. Si tratta infine di uno spettacolo che curando con eleganza e intelligenza i movimenti dei solisti e delle masse, lascia risuonare il teatro delle voci di Bellini, la sua espressione farsi sublime melodia.

Sul podio il M° Ethan Schmeisser dona alla partitura un vivo senso del teatro, accompagnando i suoi artisti sul palco con maestria e con esemplare tenuta, assecondato dall’Orchestra e dal coro diretto dai Maestri Daniel Jinga e Adrian Ionescu.
Così scrive lo scrittore e critico letterario Giuseppe Montesano nella sua monumentale opera Lettori selvaggi, a proposito della Norma: «Su un ondulare ipnotico di violini si leva la voce e attacca “Casta diva”: è notte, si è innalzata nel cielo oscuro la luna di Leopardi, una pace luminosa di madreperla brilla nelle vocali, emerse da un fondale marino le pieghe e le volute del canto gemmano lucenti e sanguinosi coralli, si affollano i ricordi di un’altra vita». Bene, queste parole perfettamente si adattano alla altrettanto monumentale Norma di Elena Mosuc, la quale anch’ella sotto l’influsso di Saturno, regala una delle migliori interpretazioni possibili di questo personaggio, svelandone l’aura venerabile e intangibile e al tempo stesso la sua umanità tenera e furibonda. La sua è una Sacerdotessa piena di temperamento, di ardore, imperiosa nei recitativi, opalescente nel pregare la Luna e struggente nella scena del mancato infanticidio. Mosuc mostra tutto questo con una naturalezza che pare impossibile e che fa dimenticare quasi che stia cantando, e come. Linea dal legato impeccabile, sfumature miracolose a qualsiasi altezza, affondi nel grave pregni di suono (ma sempre elegantissimi), agilità di forza da autentica tigre, fraseggio sempre dentro alla musica, al senso della parola e del teatro. La voce del soprano rumeno è ancora all’acme della sua maturità tecnica, anzi ha acquisito in questi anni uno spessore che la rende praticamente unica nei ruoli da cosiddetto soprano drammatico d’agilità, e non perdendo nulla della sua luminosità vocale, come dimostra il Mib sicurissimo e affilatissimo in chiusura del duetto con Pollione (“In mia man alfin tu sei”) e ancora prima il Re nel finale del I atto. Stiamo parlando di un’autentica fuoriclasse e ci uniamo quindi al coro di coloro che si stupiscono nel vedere un’artista di questo livello trascurata vergognosamente dai nostri teatri italiani ed europei. Un’artista di questo livello e di questa importanza artistica merita certamente di più.
Al suo fianco le voci e le interpretazioni di Oana Andra (Adalgisa) e Daniel Magdal (Pollione) non soccombevano al confronto con cotanta protagonista, e già questo era un risultavo. La Andra metteva in luce una vocalità lucente e dalle preziose abilità in questo repertorio, formando un bel duo con la voce della Mosuc. Magdal era un Pollione di grande vigore, con una gamma vocale importante e di bel colore virile. Iustinian Zetea interpretava un Oroveso vocalmente solido e dalla giusta ieraticità.
Completavano il cast gli efficaci Sidonia Nica (Clotilde) e Andrei Lazăr (Flavio).
Alla fine un calorosissimo successo, con i toni del trionfo per Elena Mosuc. Bellini ringrazia.