A conclusione della mini-stagione autunnale del Comunale di Modena, è protagonista un’altra eroina del melodramma e della Storia: Giovanna D’Arco, in un’edizione complessivamente buona dell’opera di Giuseppe Verdi.
Archiviate, con due ottimi successi, Lucia di Lammermoor e Norma, il Teatro Comunale di Modena conclude la propria mini-stagione autunnale con Giovanna d’Arco. L’opera, assente da decenni dal palcoscenico modenese, ritorna proprio per continuare il filone di produzioni di opere meno celebri che da alcuni anni sta attraversando i cartelloni del “Pavarotti-Freni”.
Nonostante negli anni critica e pubblico si siano più volte divisi nel giudicare Giovanna d’Arco un’opera più o meno riuscita, è innegabile che in epoca recente vi sia stata una sorta di riscoperta che ha ridonato a questo titolo del periodo giovanile di Verdi una dignità in parte nascosta. Certo, dal punto di vista drammaturgico non vi è ancora il raggiungimento di quell’apice che rende i personaggi eterna espressione dell’animo umano anche perché musicalmente l’opera appare ancora saldamente legata ad alcuni schemi che ne condizionano la libertà di approfondirli. Eppure, non si può non notare come molti elementi che risulteranno centrali e straordinariamente efficaci nei capolavori degli anni successivi, vedono per la prima volta luce, o quanto meno intuizione proprio in Giovanna d’Arco. Si pensi ad esempio alla grande scena iniziale del terzo atto nella piazza di Reims, cui chiaramente Verdi si rifarà tempo dopo la scena dell'”Autodafè” nel Don Carlo.

La produzione in programma a Modena riprende un allestimento già andato in scena a Metz e vede la regia di Paul-Emile Fourny. Il suo spettacolo risolve in maniera intelligente, poco dispendiosa e molto efficace teatralmente il “problema” dei tanti cambi di scena che sarebbero richiesti dal libretto. Lo fa rendendo protagoniste le proiezioni, curate da Virgile Koering, che con grande fascino aiutano lo spettatore ad entrare nelle ambientazioni e nelle atmosfere della Francia quattrocentesca. A ciò e alle scarne scene di Patrick Méeus, autore anche di suggestivi giochi di luce, si aggiungono le coreografie di Aurélie Barre che i danzatori di Agora Coaching Project eseguono con professionalità ma che riteniamo non caratterizzino particolarmente lo spettacolo, distraendo anzi il pubblico nella celebre Sinfonia iniziale, che si preferirebbe eseguita a sipario chiuso. Una nota di merito particolare va a i costumi di Giovanna Fiorentini, ben realizzati e sempre in sintonia con i caratteri e l’epoca dell’opera.
Dal punto di vista musicale positiva è la prova dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini, guidata dal Maestro Roberto Rizzi Brignoli, che dopo una buona Sinfonia iniziale, dirige con equilibrio tra le parti e una lettura personale ed ispirata che non sconfina nel fragore cui sovente si cade nel “Verdi giovane”. Unita a ciò risulta solida anche la performance del Coro Lirico di Modena preparato da Stefano Colò.
Il cast vocale vede spiccare la protagonista, Vittoria Yeo (Giovanna), che potremmo dire modenese di adozione in quanto ex-allieva dei corsi di Raina Kabaivanska e oggi interprete di caratura internazionale. La sua è una Giovanna al tempo stesso fiera ma profondamente umana, che non nasconde tanto nella presenza scenica, quanto nella voce, tutte le fragilità di questo personaggio. La voce è bella e chiara, sempre sorretta da una tecnica eccellente che le consente mezze voci suggestive e acuti poderosi, nonché un fraseggio sempre appropriato al servizio di una interpretazione d’effetto.
Amadi Lagha, nei panni di Carlo VII alterna invece momenti migliori ad altri più infelici in una prova che complessivamente non soddisfa del tutto. La voce c’è e di bel timbro ma l’emissione appare sovente chiusa e faticosa nel legato e nei momenti più lirici. A tutto ciò si associa una certa rigidezza che traspare e che rammarica, dati i mezzi che il tenore dimostra comunque di avere in serbo. Spesso anche il fraseggio e la precisione ritmica risultano sommarie.
Devid Cecconi, già applaudito a Modena in Rigoletto, è un Giacomo che punta tutto su una marcata espressività nel canto e sul recitar cantando che è elemento essenziale del genio verdiano. Un artista quindi intelligente che sa schierare le proprie carte migliori per una prova assolutamente convincente.
Chiudono il cast in maniera più che dignitosa Ramaz Chikviladze (Talbot) e Alessandro Lanzi (Delil).
Lo spettacolo raccoglie un buon successo e chiude questa prima parte di cartellone in vista dell’imminente presentazione dei titoli che daranno vita alla stagione primaverile.
Modena, 19 novembre 2021