Molti hanno provato ad interpretare a teatro e al cinema Maria Callas. Tra le tante che tentato la sfida la più convincente è stata la fascinosa Fanny Ardant nell’irrisolto Callas Forever di Franco Zeffirelli, la quale interpretò anche a teatro il personaggio nella piéce Master Class di Terence McNally, che ha visto le interpreti più disparate da Zoe Caldwell a Faye Dunaway. Citiamo anche lo stravagante esperimento teatrale/cinematografico (7th Deaths of Maria Callas) di Marina Abramovic, in odore più di performance fine a sé stessa che non vero omaggio. Sappiamo che ad interpretare Maria Callas sul grande schermo ci ha pensato anche Meryl Streep, in un ventilato adattamento del testo di McNally, che avrebbe dovuto essere diretto da Mike Nichols (regista tra gli altri di Chi ha paura di Virginia Woolf? e de Il laureato).

Nello spettacolo scritto e diretto da Tom Volf e prodotto da Les Visiteurs du Soir Maria Callas. Lettere e memorie, andato in scena il 27 novembre al Teatro Goldoni di Venezia (ultima tappa di un’acclamata tournée italiana) il regista autore anche del bellissimo documentario del 2017 Maria by Callas e del successivo libro del 2019 Io, Maria. Lettere e memorie inedite, si affida a Maria Callas stessa, alle sue parole, ai suoi pensieri più intimi e alle sue relazioni più personali.

In scena solo un divano (ricostruzione di quello della dimora parigina della divina di Avenue Georges Mandel) e un grammofono. Luci soffuse e proiezioni grafiche, e la voce della Callas che si spande come un rivolo d’emozioni intorno ai nostri poveri cuori, ancora una volta attoniti e sconvolti dalla sua intensità primordiale.

E poi c’è lei: Monica Bellucci, con la sua infinita eleganza, quell’innata capacità di riempire lo spazio, di cogliere le luci e di saper diventare opera d’arte con i suoi gesti e la sua fisicità. Maria Callas e Monica Bellucci appartengono se vogliamo allo stesso mondo, sono eroine mediterranee, vibranti di un alito di fatalismo incantatore. La sua Callas è realmente intima, capace di creare un dialogo quasi psicanalitico con il pubblico, che rimane con lei fino alla fine, intenerendosi ai ricordi dei primi passi della carriera italiana, divenendo parte delle sue gioie e commuovendosi dei suoi dolori, talvolta piccoli “ma grandi come il mare”. Trovate un’altra attrice (tra l’altro alla sua prima esperienza teatrale) che sappia fare tutto questo stando seduta per quasi due ore, avvolgendo tutto e tutti della propria aura di luce e della propria ammaliante voce. Non crediamo sia facile trovarla. Lo sapete perché la Bellucci riesce ad essere la Callas senza nessuno sforzo? Le risposte sono due: la prima è che crede in quello che dice con un’immedesimazione emotiva totale, la seconda è che non vuole essere la Bellucci su quel palco, ma vuole essere la voce di Maria, uno strumento per trasmetterne tutto l’universo interiore.

Trionfale successo con un teatro pieno in ogni angolo e imprigionato nella trappola delle due sirene, Maria e Monica.

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