Fin dalla sua invenzione il telefono ha cambiato profondamente la nostra società e le nostre relazioni, invadendo sempre più le nostre vite e divenendo sempre più condizionante. Di fatto il telefono è divenuto testimone (neanche così passivo nell’era del tracciamento) dei nostri amori, dei nostri dolori e delle nostre passioni più nascoste. Gli ultimi due titoli in scena nella stagione lirica 2021 del Teatro Filarmonico, La voix humaine e The Telephone, raccontano l’evoluzione di questo straordinario strumento, che da mezzo di comunicazione impersonale tra una donna abbandonata che si aggrappa ossessivamente all’amato (con tratti da stalker) si trasforma a vero e proprio personaggio, terzo incomodo tra due innamorati.
Il Novecento musicale di Poulenc e quello di Menotti raccontano questa tematica (che avrebbe meritato ben altra affluenza di pubblico – la prima veronese era quasi pressoché deserta) con toni diversi: l’uno ammantandola di nevrosi e disperazione, l’altro con un’ironia anche melodica di fascinoso appeal. L’abbinata funziona meravigliosamente e conquista in toto.
Lo spettacolo veronese vedeva il ritorno sul podio al Teatro Filarmonico del M° Lanzillotta, che assicurava vivacità e ritmo serrato ad entrambi i pezzi, assecondando ottimamente i protagonisti sul palcoscenico, i quali agivano nella efficace regia di Federica Zagatti Wolf-Ferrari, la quale concepiva uno spettacolo intelligente e volutamente simbolico, costruendo con arguzia la psicologia complessa di Elle e il divertente intreccio tra Lucy e Ben. Elle è una sorta di Marilyn Monroe, una donna apparentemente frivola ma dalla psiche fragile e dalla facile crisi nevrotica, mentre la Lucy di Menotti è una moderna influencer, sommersa dalle scatole di pacchi Amazon (sempre efficaci le scene di Maria Spiazzi e i costumi di Lorena Marin) e sempre intenta a scattarsi selfie con i diversi prodotti acquistati.
Elle è Lavinia Bini, un’interprete all’altezza di cotanto cimento, che veste i panni di Elle mostrandone tutte le piaghe interiori, ricavandone il ritratto di una femminilità delicata, solitaria, una farfalla dalle ali spezzate, disillusa dall’amore e con la volontà di abbandonarsi ad un tragico destino.
Lucy trova interprete ideale nella voce e nel temperamento di Daniela Cappiello, interprete spigliata, vocalmente sempre brillante e con una verve che ci ha fatto pensare più di una volta ad una possibile Cunegonde in Candide nel prossimo futuro di questo giovane soprano. Altrettanto convincente è la prova di Francesco Verna nei panni di un divertente e divertito Ben, ben cantato e ben recitato.
L’esiguo pubblico accorso accoglieva i protagonisti con grande calore.