A Trieste l’abbiamo potuta ascoltare in Mozartiade e a Lubiana in Capuleti e Montecchi: Nina Dominko è un soprano sloveno dalle incredibili doti vocali e con una forte presenza scenica. In occasione dell’allestimento di Capuleti e Montecchi, accolto da un bellissimo successo, l’abbiamo incontrata.

Come ti sei avvicinata al canto e, in particolare al mondo dell’opera e del canto lirico?

Sono immersa nella musica da quando sono piccola: quando avevo quattro anni ho cantato per la prima volta da sola, poi ho cominciato a suonare il pianoforte. In seguito mi sono iscritta a Economia, ma sentivo tanto la mancanza della musica, quindi sono entrata al Conservatorio nella classe di canto. Inoltre ho studiato pedagogia musicale a Maribor. La musica è sempre stata intorno a me: quando ero piccola cantavo nel coro, e nella mia famiglia ci sono tanti musicisti. L’amore per l’opera è nato più tardi, forse perché la ritenevo irraggiungibile. Nel coro ho sempre cantato da solista, ma non avevo mai pensato di concentrarmi sull’opera. Sono fortunata ad avere intorno a me le persone giuste, oltre alla mia famiglia che mi ha sempre incoraggiata a proseguire questo cammino che mi ha portata a studiare canto. Quando ho potuto sperimentare diversi generi, sono stata totalmente conquistata dall’opera, e i miei compositori preferiti sono senza dubbio quelli italiani.

Qual è stato il primo ruolo che hai interpretato? Che emozioni hai provato?

Quando studiavo all’Akademija za glasbo di Lubiana avevo già interpretato alcuni piccoli ruoli, ma il primo ruolo importante è stato la Regina della Notte, con cui mi sono diplomata. Un piccolo aneddoto: avrei dovuto interpretare il ruolo di Papagena ne Il flauto magico, ma a causa di un’indisposizione del soprano che interpretava la Regina della Notte ho preso il suo posto debuttando con quel ruolo. Ovviamente è stato molto stressante, ma mi sono sentita immediatamente a mio agio appena sono salita sul palco. In quel momento non ci ho pensato troppo, ero incredibilmente felice per quell’opportunità. Adesso sono consapevole della fortuna che ho avuto, anche se pensavo che fosse un compito molto difficile per me. Anche adesso, ogni volta che salgo sul palco, sono grata per ogni opportunità che ho di cantare e mi godo ogni singolo istante.

Hai fatto anche esperienze all’estero? In che teatri? Ci sono differenze tra l’estero e la Slovenia dal punto di vista teatrale?

Ho cantato soprattutto in Slovenia: abbiamo due grandi teatri, e ho sempre avuto tanto lavoro qui. Ho anche due figli, quindi è più difficile spostarmi all’estero. Però ho potuto cantare la Regina della Notte a Osijek e, oltre al Teatro Verdi di Trieste, ho fatto concerti a Vienna e a Oderzo. Ho partecipato al concorso internazionale di Osijek vincendo il primo premio e al concorso internazionale Bellano paese degli artisti classificandomi terza. La Slovenia è un paese piccolo, però è anche molto interessante visto l’alto numero di eventi musicali: di conseguenza, ci sono molti artisti e molte opportunità di fare arte. Ho lavorato a lungo con artisti che vengono dall’estero, quindi non penso ci sia tanta differenza. Il lavoro deve sempre essere di alta qualità, non importa in quale paese ti trovi. Sfortunatamente, molti progetti che si sarebbero dovuti svolgere all’estero si sono dovuti interrompere, ma spero che le occasioni si ripresenteranno in momenti migliori.

Il cast di Capuleti e Montecchi è composto solo da artisti sloveni: in Slovenia è frequente trovare sul palco artisti stranieri?

In Slovenia ci sono diversi artisti molto bravi: solitamente nell’opera lavorano gli artisti del cast stabile, solo i ruoli mancanti vengono assegnati a cantanti stranieri. In ogni caso, noi cantanti in Slovenia siamo fortunati a poter lavorare spesso con nomi conosciuti all’estero, come anche nel caso di questa produzione di Capuleti e Montecchi (il Maestro Roberto Gianola e il regista Frank Van Laecke). La possibilità di lavorare con musicisti stranieri, nel nostro caso veri e propri specialisti del Belcanto, ci permette di portare sul palco la vera magia della musica, ed è ciò che è accaduto in questa produzione.

Molto spesso le opere sono in italiano, quindi i cantanti devono imparare questa lingua meravigliosa ma complessa. Per te è stato difficile imparare intere opere in italiano?

L’italiano è una lingua meravigliosa, per me è stato molto naturale imparare intere opere in italiano perché è molto melodiosa. Adesso sto cercando di imparare a parlare in italiano perché non è la stessa cosa rispetto al cantato. Le altre lingue forse sono più difficili, ma in Slovenia siamo abituati a lavorare con qualcuno in grado di aiutarci con la pronuncia. Personalmente, ritengo che le opere più belle siano quelle italiane: sono in grado di connettere la musica e l’emozione, e questo mi permette di presentare il mio ruolo al meglio sul palco.

Normalmente chiudiamo le nostre interviste chiedendo al nostro ospite: se potessi incontrare un artista del passato, chi sarebbe e perché?

Diversi artisti sono stati molto importanti per me. Luciano Pavarotti con la sua energia sul palcoscenico e la sua voce incredibile, Edita Guberova per la sua tecnica vocale perfetta e il suo essere artista a tutto tondo, Anna Netrebko perché mi ha fatta avvicinare e appassionare all’opera. Penso che chi lavora come cantante in un’opera debba avere un buon cuore, essere generoso con gli altri, provare gratitudine per la propria famiglia e per il supporto che riceve da chi gli sta vicino, ma soprattutto essere cosciente di avere ricevuto un regalo divino, la sua voce.  

Ringraziamo Nina Dominko per questa piacevole chiacchierata.

Cecilia Zoratti e Matteo Firmi

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