Nel capoluogo emiliano si conclude con un grande successo un anno difficile anche per il teatro. La Cenerentola di Rossini riempie il teatro di fiducia e speranza con un caloroso successo per tutti gli interpreti.
E’ una Cenerentola forte e resistente quella bolognese di fine 2021. Prima di tutto per le vicissitudini che hanno visto questo spettacolo venire più volte rimandato tra una chiusura e l’altra cui la pandemia ci ha ormai abituati. Vicissitudini che non hanno però potuto fermare la caparbietà di un teatro coraggioso che ha potuto così registrare, come in un crescendo rossiniano, un autentico successo. Forte e resistente si diceva. Sì, perché queste sono le caratteristiche del carattere di Angelina che maggiormente emergono nella lettura dello spettacolo messo in scena da Emma Dante nel 2016 (e poi ripreso da Federico Gagliardi. In uno scenario surreale, quasi da “Alice nel Paese delle Meraviglie”, il tema della solitudine dei buoni viene evidenziato dalla presenza di controfigure “meccaniche” dotate di chiave a mo’ di carillon che affiancano Cenerentola e il Principe e rappresentano le uniche entità su cui trovare conforto e compagnia. Alla fine un po’ per punizione, un po’ per perdono (nello spettacolo si gioca sul doppio significato dei carillon), Don Magnifico, Clorinda e Tisbe diverranno essi stessi delle figure meccaniche, in grado di muoversi e funzionare solo sotto “ricarica”. Altro tema che, in un contesto grottesco e buffo, emerge particolarmente e giustifica la nostra scelta degli aggettivi “forte” e “resistente”, è quello della violenza psicologica (ma figurativamente anche fisica) delle donne, che si manifesta ad esempio nella scena del temporale, quando la povera Cenerentola e inseguita e maltrattata dai suoi famigliari, proteggendosi con un ombrello. Scelte, va detto, che complessivamente reggono e non disturbano nella loro resa scenica, anche grazie ai bei movimenti coreografici di Manuela Lo Sicco e a un buon lavoro registico sugli interpreti. Avremmo forse fatto a meno di vederli durante la Sinfonia, che preferiremmo sempre eseguita a sipario chiuso. Semplici ma funzionali ed eleganti le scene di Carmine Maringola (un po’ rumorosi i frequenti e non sempre utili spostamenti dei paraventi), azzeccati ed originali i costumi di Vanessa Sannino, così come le luci di Cristian Zucaro, che concorrono a valorizzare le piacevoli tinte azzurre dello spettacolo.

Riuscitissima è anche la resa musicale di questa Cenerentola. Nikolas Nägele dirige con grande equilibrio, valorizzando le sfumature di una partitura straordinaria come quella rossiniana, e offrendo sempre pieno sostegno alle voci in un amalgama di convincente efficacia. Pienamente soddisfacente è anche la prova del Coro, tutto al maschile per l’occasione, guidato però da una autorevole donna, Gea Garatti Ansini.
I personaggi vedono un cast unito da una grande intesa, elemento imprescindibile in opere come queste.
Chiara Amarù è una credibilissima Cenerentola. Sul piano vocale, con voce calda e assai piacevole, dotata di sfumature brunite ma anche di omogeneità su tutti i registri e di agilità precise e leggiadre. Sul piano scenico-attoriale risulta altrettanto convincente per la capacità di esprimere le molteplici varietà del suo carattere.
Antonino Siragusa è sicuramente un Don Ramiro di riferimento, strabiliante per fiato e solidità tecnica, al punto da regalare un “Sì, ritrovarla io giuro” che entusiasma la sala. Non è pero’ solo una macchina da acuti perfetti e prodezze vocali, anche il suo personaggio convince e conquista.
Se si parla di conquiste però, nulla togliendo a tutti gli altri, la menzione d’onore va ad un prodigioso Nicola Alaimo. Il suo Dandini è semplicemente irresistibile. Alaimo racchiude in sé un completo insieme di doti da attore quanto di cantante che lo rendono un artista davvero raro. Sarebbe superfluo spendersi in lunghe frasi per descriverne la varietà di accenti, di espressione, di fraseggio, la padronanza dei cospicui mezzi vocali, nonché la assoluta immedesimazione nel personaggio che anche in quest’occasione gli sono valse il trionfo del pubblico.

Vincenzo Taormina (Don Magnifico), dal canto suo, non sfigura affatto. Dotato di voce che lascerebbe pensare a ruoli più seri e drammatici, è invece perfettamente in grado di adattarla ad un ruolo che risolve con contagiosa simpatia.
A completare il cast vi sono due perfette sorellastre. Sonia Ciani e Aloisa Aisemberg, rispettivamente Clorinda e Tisbe, sono una coppia di voci e figure affiatate ed energiche.
Ultimo ma non ultimo un Alidoro in grande spolvero, Gabriele Sagona.
Lo spettacolo, che vede la collaborazione della Scuola di Teatro Alessandra Galante Garrone, chiude la stagione 2021 con grandi attese su un nuovo anno che vedrà la nuova direzione musicale, tutta al femminile, di Oksana Lyniv.
Bologna, 21 dicembre 2021