Un’ora e mezza di contrappunto teatrale, un lavoro che sembra ricamato in un delicato pizzo chantilly. In realtà più che di pizzo, dovremmo parlare di morbida seta, perché La scala di seta è andata in scena ieri per la prima volta nella sua storia sul palcoscenico del Teatro Filarmonico di Verona, accolta da un vivo successo grazie alla freschezza della messinscena e dell’esecuzione musicale.
Torna finalmente nel suolo natio Stefania Bonfadelli, questa volta nelle vesti di regista, costruendo uno spettacolo che si segnala per l’eleganza nella costruzione delle dinamiche sottilmente ironiche del capolavoro rossiniano: i rapporti tra i personaggi sono realizzati con grazia e con un senso del divertimento che è come una boccata d’aria fresca e spiritosamente pungente. Assolutamente azzeccata l’idea condivisa con la bravissima Serena Rocco di ambientare la vicenda in una boutique di tessuti anni ’30, la “Dormont – Tissus e Couture”, che diventa il teatro di tutti gli intrecci amorosi della vicenda che Giuseppe Maria Foppa trasse dal libretto (L’échelle de soie) che il francese Eugène de Planard aveva realizzato per il compositore (e tenore) Pierre Gaveaux. Tra rotoli di colorate fibre tessili il ritmo teatrale è assicurato: una sorta di divertita citazione del Paradiso delle signore televisivo. Bellissimi anche i costumi di Valeria Donata Bettella e il disegno luci di Fiammetta Baldiserri.
Sul podio ad imprimere vitalità e luce alla partitura rossiniana il giovane maestro Nikolas Nägele, che non perde mai il filo della narrazione, riesce a non far mai calare la tensione (cosa non scontata con le farse rossiniane) e soprattutto crea una dinamica vincente tra orchestra e palcoscenico.
Sulla scena agisce una compagnia di brillanti cantanti-attori, perlopiù giovani, compatta e dalla felice dinamicità teatrale, a partire Manuel Amati (Dormont) e Caterina Piva (Lucilla), quest’ultima in possesso anche di splendida vocalità che fa intravedere interessantissimi sviluppi futuri.

Emmanuel Franco è un bravissimo Germano, dalla voce baritonale luminosa e dalla presenza teatrale esuberante, tale da non sfigurare accanto ad un talento come quello di Carlo Lepore, che nei panni di Blansac si dimostra ancora una volta interprete rossiniano paradigmatico e personalità catalizzante.
Smaglianti anche le interpretazioni di Matteo Roma ed Eleonora Bellocci nei ruoli dei due amorosi, Dorvil e Giulia. Il tenore trevigiano mette in luce solarità timbrica e briosa comunicativa, mentre Eleonora Bellocci trova finalmente in questo repertorio e in questo ruolo territorio fertile per le sue caratteristiche di soprano di coloratura/soubrette, mostrando sicurezza e arguto gioco scenico.

Un caloroso successo accoglie tutti i protagonisti al termine dello spettacolo.