Prossimo all’insediamento, il nuovo (ennesimo) Sovrintendente del Teatro Regio di Torino, Mathieu Jouvin, è stato presentato dal sindaco e Presidente del Teatro Lo Russo. La sera stessa ha avuto luogo la prima di Turandot, nella produzione firmata da Stefano Poda, già andata in scena a gennaio 2018.

L’arte del regista trentino è ben nota a Torino, dove sue sono state le splendide produzioni di Thaïs nel 2008, Leggenda nel 2010 e Faust nel 2015. È dunque necessario essere consapevoli che la Turandot a cui si andrà ad assistere sarà ben distante dalla tradizione, ma fortemente astratta, metafisica, simbolica e ricca di alterità.

Come dice lo stesso Poda “punto di partenza per mettere in scena Turandot per me è stata una frase delle tre maschere Ping, Pong, Pang: “Turandot non esiste”. La principessa di gelo è una “creazione” di Calaf. Ognuno di noi costruisce un oggetto d’amore, ma poi ci accorgiamo che chi amiamo non corrisponde a ciò che abbiamo idealizzato. Solo attraverso il dolore, la crescita, l’accettazione nasce quello che è un amore grande.” L’intera opera diventa così la rappresentazione secondo la coscienza di Calaf.

Visivamente ciò che predomina è sicuramente la staticità della grande struttura scenica fissa bianca, che accompagna la staticità dei movimenti in scena, soprattutto di Turandot, “doppiata” da numerose figuranti con cui finisce per confondersi, proprio ad accentuare lo stato onirico del personaggio stesso. I costumi accompagnano il concetto di astrattezza nelle forme e nei colori, incentrandosi pressoché solamente sul bianco ed il nero. Con il lavoro di Poda è sicuramente richiesto allo spettatore uno sforzo nel dover immaginare ed in un certo senso continuare e completare l’opera, ma questo, di fatto, va di pari passo con la scelta di terminare l’opera con la morte di Liù, laddove la penna di Giacomo Puccini si è fermata.

La direzione musicale è stata affidata a Jordi Bernàcer. Il Maestro spagnolo è sicuramente riuscito a mantenere quella sensazione di purezza onirica pensata da Poda, ma è mancato talvolta quel prezioso equilibrio tra orchestra e palcoscenico, ancor più fondamentale quando vengono coinvolte delle masse importanti di suono. Ruolo di assoluta importanza all’interno della Turandot è quello del Coro, ed ottima è stata la prova sia del Coro del Teatro Regio, sia del Coro di voci bianche del Teatro Regio, diretti rispettivamente dal Maestro Andrea Secchi e dal Maestro Claudio Fenoglio.

Un buon livello si è delineato tra la compagnia di canto, con alcune vere eccellenze tra i comprimari. Turandot è stata interpretata da Ingela Brimberg, al debutto sul palcoscenico torinese. Il soprano svedese dalla voce tipicamente wagneriana ha delineato ottimamente il gelo della principessa, con un fraseggio assolutamente curato e degli acuti sempre centrati, pur con qualche difficoltà.

Al Calaf di Mikheil Sheshaberidze vanno probabilmente le maggiori riserve. Il tenore georgiano ha senza dubbio dalla sua una buona presenza scenica ed un bellissimo timbro vocale. La voce è sonora e ben proiettata nel registro medio, ma si perde in quello acuto, che risulta essere sovente non ottimamente proiettato, venendo spesso sovrastato dall’orchestra; anche il fraseggio risulta talvolta piatto, ma bisogna chiedersi se di fatto non sia risultato in parte penalizzato o comunque non a sufficienza valorizzato dalla direzione e da alcune scelte registiche.

Liù è stata interpretata dal giovane soprano Giuliana Gianfaldoni, ineccepibile vocalmente, ma forse ancora da maturare nella completezza del personaggio. Il materiale vocale è però davvero interessante, puramente lirico, e merita futuri ascolti. Un Timur di lusso quello di Michele Pertusi, semplicemente perfetto, a cui va tutta la nostra ammirazione per l’arte che è riuscito a trasmettere.

Tra le tre maschere Ping, Pong e Pang, interpretate rispettivamente da Simone Del Savio, Alessandro Lanzi e Manuel Pierattelli, tra i quali è particolarmente emerso Del Savio, baritono dotato di un bellissimo timbro, e fortemente espressivo.

Completano più che bene il cast tutte le restanti parti a cominciare dall’Altoum di Nicola Pamio, il principe di Persia di Sabino Gaita e le due ancelle di Pierina Trivero e Manuela Giacomini. Particolari note di merito per la splendida voce del basso baritono Adolfo Corrado – un mandarino.

Al termine della serata, buon successo per tutti gli artisti coinvolti, da parte di un pubblico numeroso.

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