Si sa, La Traviata inizia con la morte della protagonista, così come il romanzo essa è un viaggio nella memoria di un amore tormentato, combattuto da una società moralmente abbietta, ma rigorosamente giudicante. Nelle prime note del preludio scorre già la sconfitta di Violetta nel suo letto di moribonda, ma Verdi ci fa subito intuire che la morte va vissuta come una parte della vita, è la scena finale di un percorso in cui gioie e dolori si rincorrono e intrecciano. E infatti l’attacco orchestrale del primo atto vibra di un’eccitazione vitale che deve quasi far sussultare lo spettatore.

La lezione del M° Armiliato, nella quinta recita dell’opera verdiana all’Arena di Verona, non riesce in questa missione, scegliendo tempi letargici e una palette cromatica piuttosto spenta. Armiliato è un ottimo vassallo dei propri cantanti, fin troppo, lasciandoli adagiare in un’esecuzione piuttosto routinaria. Ottima la prova del coro diretto dal M° Ulisse Trabacchin.

©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Violetta è ancora Nina Minasyan (in sostituzione della prevista e polemizzante Angel Blue): vocalmente il soprano si conferma dotata di uno strumento ragguardevole per timbro ed estensione, ma altresì scenicamente ed espressivamente anodina, risultando totalmente estranea alle richieste di un ruolo monumentale come questo.

Alfredo è il sempre valente Vittorio Grigolo, il quale avrebbe avuto bisogno di una richiesta di maggior rigore da parte del podio, per non esagerare con la sua ben nota esuberanza vocale e teatrale. Il personaggio è comunque risolto e persuasivo.

©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Debutto atteso quello di Ludovic Tézier in Arena, e debutto felicissimo grazie alla superba eleganza della linea vocale, la morbidezza e la sontuosità regale del timbro, che si sposano all’autorevolezza di un interprete dalla classe magnifica. Un Giorgio Germont che si porta via l’entusiasmo del pubblico.

Sufficiente la Flora di Lilly Jørstad, ottimi Stefano Rinaldi Miliani (Domestico/Commissario), Max René Cosotti (Giuseppe), Dario Giorgelè (Marchese d’Obigny), Francesco Leone (Dottor Grenvil), Roberto Accurso (Barone Douphol). Ottime anche le prove di Matteo Mezzaro, Gastone di bel rilievo e Yao Bo Hui, Annina .

Splendidi Fernando Montano e Eleana Andreoudi nelle vivaci coreografie di Giuseppe Picone.

L’allestimento di Franco Zeffirelli, la sua casa di bambole formato gigante, è cornice sontuosa, ma talvolta (almeno in questa ripresa) priva di nerbo e cura teatrale, così appunto da rimanere mero contenitore senza adeguato contenuto.

Al termine un successo travolgente con (non proprio condivisibili) standing ovations, a cui si associamo per acclamare Tézier.

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