Accanto ai tre titoli operistici principali diversi concerti e recital hanno arricchito con prestigio l’edizione 2022 del Festival Verdi, in un viaggio affascinante tra pagine più e meno note del Maestro di Busseto e non solo. A due di essi abbiamo assistito e ve ne raccontiamo in questo articolo impressioni ed emozioni.

Giunto alla sua decima edizione, “Fuoco di Gioia” rappresenta ormai un appuntamento irrinunciabile nel cartellone delle celebrazioni verdiane a Parma. Il concerto è ideato ed organizzato dall’ormai celebre “Gruppo appassionati verdiani – Club dei 27”, una vera e propria istituzione in città, e vede come di consueto l’amichevole partecipazione di nomi di primissimo piano del panorama lirico internazionale, invitati dai più autorevoli ambasciatori dell’eredità del Cigno di Busseto ad emozionare il pubblico contribuendo alla causa benefica dell’Associazione di Volontariato Fa.Ce. ONLUS di Parma. L’occasione di quest’anno è quella giusta per stilare un bilancio del primo decennale, che ha visto avvicendarsi direttori, cantanti, orchestre, cori, sempre uniti nel segno dell’amicizia, della solidarietà e di Giuseppe Verdi. Un’edizione, quella del 2022, che ha indubbiamente puntato in alto fin dalla scelta dei protagonisti, ovvero il mezzosoprano Julia Gertseva, il soprano Anna Pirozzi, il tenore Martin Muehle, e i baritoni Michele Patti e Vladimir Stoyanov. Sul podio dell’Orchestra del decennale (una compagine che ha riunito membri delle tre diverse orchestre partecipanti alle edizioni precedenti) il Maestro Michelangelo Mazza, che ha diretto anche la gloriosa Corale Giuseppe Verdi di Parma, preparata dal Maestro Claudio Cirelli. La serata, condotta come sempre da Paolo Zoppi, anima dell’evento e titolare del nome di “Falstaff” nel Club dei 27, ha spaziato tra brani certamente di Verdi ma anche di Mozart, Bizet, Puccini e Giordano. Convincente è stata la prova dell’Orchestra, che fin dalle prime note, con la Sinfonia da “Un Giorno di Regno”, ha dato spazio al Maestro Mazza di incidere con una lettura pulita, fresca e brillante, per poi proseguire insieme al coro e alle voci con equilibrio e sinergia, senza mai mancare di piattezza interpretativa. Senza nulla togliere al Maestro e all’orchestra però, la differenza l’hanno ovviamente fatta le voci. Il repertorio mozartiano ci pare essere materiale musicale d’elezione per il giovane e promettente Michele Patti che infatti ha l’onere di aprire il concerto con “Hai già vinta la causa”, da “Le Nozze di Figaro”, tornando più tardi con i giusti accenti espressivi e una completa padronanza di fiato sulla breve ma insidiosa “Fin ch’han del vino”, da “Don Giovanni”. La predilezione per il genio di Salisburgo non gli pregiudica però di ben figurare anche negli spartiti di quello di Busseto, ed ecco quindi Falstaff con “E’ sogno o è realtà?” in cui emerge una buona vena interpretativa, fondamentale più che mai in quest’opera. Straordinario, ma ormai non è una sorpresa, l’altro baritono presente, Vladimir Stoyanov, protagonista dapprima insieme alla Corale Verdi, di “Tosca”, con il suggestivo Te Deum, poi al fianco di Anna Pirozzi in “Fatal mia donna” da “Macbeth” e infine da solo in “Pietà, rispetto, amore”, anch’essa come ben noto da “Macbeth”. Tanto nell’insolito (per lui) ruolo pucciniano, quanto nel suo amato Verdi, Stoyanov incanta per la capacità di scavare nell’animo del personaggio con varietà di colori, accenti, intenzioni, supportate da una tecnica prodigiosa che gli consente legati e dinamiche di ogni sorta. Voluminosa e brunita nel timbro, magnetica e ben navigata nel porgere il canto e nel muoversi sul palcoscenico (di cui diventa padrona), Julia Gertseva si conferma una Carmen di riferimento, con “Habanera”, suo cavallo di battaglia. Gli anni trascorsi dalle prime performance sembrano non averle tolto sensualità ma piuttosto aggiunto un fascino maturo. Meno incisiva ci è parsa invece ne “L’aborrita rivale” da “Aida”, dove la cantante ha comunque pienamente convinto, al fianco di Martin Muehle, tenore in possesso di mezzi vocali davvero rari di questi tempi. Muehle può vantare infatti una voce stentorea, proiettatissima verso l’esterno, con acuti sferzanti ed eroici che infiammano la sala; il colore ci rimanda ad alcune grandi voci di un tempo, la dizione chiara, il fraseggio molto musicale. Gli si può forse solo imputare a tratti una passionalità un po’ aspra in momenti che richiederebbero un po’ più di dolcezza ma sono sottigliezze che si perdono di fronte al valore di una prova così. D’altronde il tenore non si risparmia, passando dal duetto di Aida a “Come un bel dì di maggio” e infine al temibile “Vicino a te s’acqueta”, entrambe da “Andrea Chenier”. E’ qui che l’imponente slancio della sua voce fa il paio con quello di un’altra straordinaria e ormai famosa artista, Anna Pirozzi. Il soprano, premiata del titolo di “Cavaliere di Verdi”, è partita con “Vieni t’affretta!” da “Macbeth”, per poi passare a “Liberamente or piangi”, chiudendo con due duetti, il già citato “Fatal mia donna” da “Macbeth” e il finale di “Andrea Chenier”. Di Anna Pirozzi abbiamo più volte raccontato l’imponente vigore vocale e le prodezze interpretative che la vedono spaziare da folgoranti acuti a delicati pianissimi appena accennati che lasciano il fiato sospeso, al servizio di una resa anno dopo anno più sentita ed efficace. Se in “Macbeth” tutto il fuoco della Lady brucia ed infiamma, non meno commoventi sono lo struggente dolore di Odabella e il rapimento innamorato di Maddalena di Coigny. Una serata di grandi emozioni, dunque, condita anche da un prezioso intervento dell’attore Bruno Stori, che ha letto dei giorni della nascita e della morte di Giuseppe Verdi, ma soprattutto dalla partecipazione della Corale Giuseppe Verdi, la quale si è resa partecipe con il coro delle zingarelle e dei matadori da “La Traviata”, il Te Deum da “Tosca”, “Qual v’ha speme” da “Giovanna d’Arco” e infine, un commovente “Va’ Pensiero”.

Altra pregevolissima serata di musica, a dispetto della scarsa partecipazione di pubblico, è stata quella che ha visto la stessa Anna Pirozzi esibirsi accompagnata dall’Orchestra Filarmonica Italiana, diretta da Sebastiano Rolli e dal Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani. A rendere particolarmente interessante il tutto, è stato un programma che ha spaziato tra diversi compositori italiani uniti da due elementi comuni: l’aver ricevuto un’importante influenza in vita o l’aver ereditato, nel proprio stile, tratti distintivi del genio di Giuseppe Verdi, oltre che l’aver avuto un rapporto con il Maestro Arturo Toscanini. Dunque una sorta di omaggio a due grandi figli della città di Parma, simbolo di una tradizione musicale che ha saputo essere parametro etico nell’interpretazione e base di partenza per la ricerca creativa successiva. Ne è così uscito fuori un “menu” ricercato, variegato ed originale, che ha portato gli ascoltatori alla scoperta anche di pagine meno note e di autori non da tutti conosciuti. La bacchetta di Sebastiano Rolli ha impresso dinamismo all’orchestra, dimostrandosi capace di spaziare tra stili completamente diversi. Dopo il preludio di “Ernani”, è stato il momento della maestosa Orgia per coro e orchestra da “Amleto” di Franco Faccio, che fu primo direttore di “Otello” e diresse il Conservatorio di Parma. E’ seguita la struggente interpretazione di Anna Pirozzi in “Ebben? Ne andrò lontana”, a cui si è aggiunto il suggestivo preludio dell’atto III, il tutto ovviamente da “La Wally”, di Alfredo Catalani, compositore che spirò tra le braccia di Toscanini e che molto attinse dall’ultimo Verdi. Il programma ha poi virato su “Don Carlo” con “Tu che le vanità”, ancora una volta rivelatrice della monumentale autorevolezza di Anna Pirozzi. Di inconfondibile fascino poetico “Crisantemi. Elegia per quartetto d’archi”, nella trascrizione per orchestra, composizione di Giacomo Puccini, che, come erede musicale di Verdi, si è perfettamente inserito nella serata. Di nuovo il Maestro delle Roncole, con “Fuoco di gioia” da “Otello”, per poi lasciar spazio ad un altro direttore del conservatorio cittadino, nonché primo direttore di “Aida” al Cairo, Giovanni Bottesini, di cui si è ascoltato “Il Nilo” da “Notti arabe”, composizione nelle cui tinte espressive sono evidenti i richiami al carattere e al linguaggio verdiano. Di nuovo il coro con la ridda e fuga infernale da “Mefistofele” di Arrigo Boito, vero e proprio figlio spirituale di Verdi. Alle turbinose e diaboliche note degli inferi sono seguite quelle del finale dall’ “Assassinio nella catterdale” di Ildebrando Pizzetti, ultimo rappresentante parmigiano dello stile classico che in questo brano, come suggerivano le note dello stesso Rolli, cita il “Te Deum” di Verdi, recuperandone il tema gregoriano. Ancora Anna Pirozzi con “Arrigo! Ah parli a un core”, l’aria di Elena da “I Vespri Siciliani” e poi l’omaggio di Puccini al Maestro di Busseto, il Requiem che scrisse quando egli morì. Da un Requiem all’altro, con il “Libera me Domine” dalla Messa di Verdi. Ancora una volta la Pirozzi ha saputo toccare l’emozione di chi la ascoltava, con un raccoglimento intimo e profondo espresso in innumerevoli sfumature. Il concerto si è chiuso con il contributo di un altro straordinario membro della scuola italiana, Pietro Mascagni. Spazio dunque ad una sentita interpretazione dell’Intermezzo di “Cavalleria Rusticana” e all’eccezionale “Regina coeli”, bissato a furor di pubblico, non copioso ma decisamente entusiasta.

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