Sesso, potere, divertimento, rivoluzione: sono forse queste le quattro parole che suscita il pensiero de Le nozze di Figaro, uno dei capolavori mozartiani, se non il più grande capolavoro del teatro musicale settecentesco o perfino dell’intera storia musicale occidentale. La leggenda narra che quando il teatro che ne aveva ospitato la prima assoluta, il Burgtheater di Vienna, venne smantellato intorno al 1888, i musicofili più fanatici e romantici abbiano voluto recuperare anche qualche scheggia delle assi di quel palcoscenico che per primo aveva udito i passi del rivoluzionario Figaro del cigno di Salisburgo.
In occasione delle manifestazioni per il 250° anniversario della visita di Wolfi a Verona e in apertura della stagione 2023, il Teatro Filarmonico vedeva il ritorno in scena delle Nozze nell’allestimento nato lo scorso anno a Udine e firmata dal regista Ivan Stefanutti (ideatore pure delle scene e dei costumi).
La parte visiva dello spettacolo è asciutta ed essenziale: pochi gli arredi, solo delle porte ad incorniciare lo spazio scenico e qualche pezzo di mobilio. Efficace la scena del giardino, grazie anche al bel gioco di luci di Claudio Schmid. I movimenti dei personaggi e la costruzione delle relazioni/reazioni appare ben costruita. Quello che manca è forse un po’ di ritmo, di esaltazione di quella costruzione “ad incastro” tipica del teatro di Mozart/Da Ponte, che ha probabilmente proprio nelle Nozze il suo apice. Resta dunque l’impressione di uno spettacolo elegante, convincente senza raggiungere le vette dello spettacolo di Mario Martone presentato qui nel 2018.

La guida sul podio del Mº Francesco Ommassini convince per vivacità, sensibilità alle finezze strumentali e per il sostegno alle esigenze del palcoscenico. Le scelte dei tempi risultano sempre piuttosto coerenti e il controllo delle agogiche ben calibrato. Il suo è un Mozart che concede agli interpreti ampia libertà di variare, scelta coraggiosa per taluni, ma ampiamente plausibile, a patto che le variazioni siano di gusto, giustificato senso teatrale e stilistico, e soprattutto ben realizzate (cosa non sempre avvenuta nella recita in questione). Piuttosto debole la prova del coro.
Nel cast appare lussuoso lo stuolo delle parti di fianco, dalla brillante sensualità della Barbarina di Elisabetta Zizzo, la vincente caratterizzazione della Marcellina di Rosa Bove (che si destreggiava con coraggio nell’ impervia “il capro e la capretta”), ai due tenori, Matteo Macchioni (Don Curzio) e Didier Pieri (Don Basilio), entrambi in grado di emergere e dominare le scene in cui erano presenti i loro personaggi. Impeccabile l’Antonio di Nicolò Ceriani. Decisamente sottotono Antonio Salvaggio nei panni di Don Bartolo.
Tra i protagonisti si difende bene la Susanna di Sara Blanch, la quale preceduta dall’annuncio di un’indisposizione era protagonista di una prova in crescendo. Il volume vocale è molto contenuto (non siamo in grado di dire se a causa dello stato di cattiva forma), tuttavia la sicurezza e la consapevolezza sia vocale che scenica del personaggio crescono positivamente lungo il corso dell’opera.

Bene anche Chiara Tirotta, Cherubino delicatissimo, vocalità di bel colore e dalle levità timbriche ideali per dare sospiri al palpitante fanciullo. La musicalità dell’artista e la sua sensibilità giocano anche splendidamente sulle variazioni nelle riprese delle sue arie.
Alessandro Luongo torna dopo il Marcello della Bohème a Mozart e al ruolo del Conte, rivestendone i panni con consumato mestiere e con il trasporto teatrale e musicale che ben gli conosciamo. Egli fa vibrare con bravura sia il lato più dispotico del personaggio, che la corda del seduttore fallito, con un fraseggio sempre vario e interessante.
Gilda Fiume al suo debutto nei panni della Contessa esibisce eleganza d’espressione e cristallina finezza vocale. La ripresa di “Dove sono” tutta sul fil di voce è forse uno dei momenti più alti di tutta la serata.
Le cose non tornano con il protagonista, il Figaro di Giulio Mastrototaro, il qualche al suo debutto nel ruolo, non ripete in Mozart i felici esiti che raccoglie come acclamato interprete rossiniano. Il personaggio appare ancora da affinare sia per quanto riguarda lo scavo vocale che interpretativo.
Teatro piuttosto gremito (miracolo per la Verona degli ultimi tempi) e entusiasticamente plaudente.