Abbiamo incontrato Dario Di Vietri nel suo camerino dopo una bellissima recita di “Aida” all’Arena di Verona (27 agosto 2015) in cui ha interpretato Radames accanto a Hui He e sotto la direzione di Daniel Oren. Gli abbiamo chiesto dell’evoluzione della sua interpretazione di Radames, dopo quest’esperienza in Arena, che è sicuramente un luogo mitico per questo titolo verdiano.
Allora, dopo le recite che hai affrontato all’Arena di Verona come senti il ruolo di Radames?
Dopo le sette recite che ho fatto qui in Arena, sicuramente il ruolo viene meglio: più lo canto e più il ruolo entra dentro di me e la voce risponde sempre meglio. Insomma è una grande soddisfazione.
In cosa è cresciuto il tuo Radames?
Il mio personaggio è cresciuto perché ho trovato nuovi colori e sfumature. Penso di riuscire a risolvere alcuni passaggi meglio e ad arrivare alla fine più fresco. La difficoltà in questa regia è proprio l’arrivare con tranquillità al finale poiché tra il terzo e il quarto atto non vi è intervallo. Il terzo atto mette a dura prova iltenore nell’acuto mentre nella scena con Amneris che apre il quarto atto ha una tessitura che attinge al grave. Poi vi è il duetto finale (“O terra addio”) che è anch’essa una una grande pagina musicale, dove il Maestro Oren crea una commovente e magica atmosfera e permette agli artisti notevoli sfumature e pianissimi.
Cantare in Arena questo ruolo cosa vuol dire?
Cantare questo ruolo in Arena è meraviglioso, è il sogno di ogni tenore del mio repertorio. Cantarlo in Arena vuol dire essere su un palco dove tutti i più grandi tenori del mondo sono stati Radames. Cantarne 10 recite in Fondazione Arena è una grande conferma ed avere avuto diversi direttori d’orchestra mi ha perfezionato e mi ha permesso di creare un “mio” Radames. Un direttore come Oren non rende tutto più facile ma sicuramente molto stimolante.
…..ed essere al fianco di una partner come Hui He che è sicuramente una delle grandi Aida di oggi?
Sicuramente avere colleghi importanti invoglia a fare sempre meglio e a non essere da meno. Ho cercato di immagazzinare la sua esperienza e farla mia. E’ stato un onore fare musica con lei.
Dopo quest’esperienza areniana senti di essere maturo per altri ruoli?
Cantare Verdi è sempre un accrescimento, poiché è un compositore che ti insegna a cantare, non è come si dice un autore che distrugge le voci. Bisogna saperlo cantare: ci vuole il legato, musicalità, attenzione al fraseggio. Se si cerca di eseguire ciò che il compositore indica (i pianissimi…anche nell’acuto) c’è veramente molto da studiare e imparare.
Ti definiresti una voce verdiana?
SI. Penso di essere una giovane voce verdiana. Sicuramente con l’età si definirà meglio la voce e la mia vocalità, studiando crescerò e mi raffinerò. Penso che Verdi e Puccini saranno i compositori più presenti nella mia carriera. Dopo qui ci saranno molte “Aida” che mi attendono.
Quali saranno i prossimi debutti verdiani?
Posso già dire che il prossimo debutto verdiano sarà Manrico ne “Il Trovatore”. Un altro grande ruolo è molto bello. Come scrittura è simile a Radames, anche se il pubblico si aspetta da Manrico “Di quella pira”, ovviamente in tono. Sogno inoltre Riccardo di “Un ballo in maschera”.
Grazie a Dario Di Vietri per la sua disponibilità e in bocca al lupo!
Francesco Lodola
Foto Ennevi per gentile concessione Fondazione Arena di Verona
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Pubblicato da ierioggidomaniopera
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