video-turandot-all-arena-di-verona-2016.jpgQuando nel II atto di Turandot si aprono le porte della reggia dorata dell’imperatore Altoum il pubblico rimane sempre ammirato e scatta un grande applauso. È questo il segreto dello spettacolo pensato per L’Arena da Zeffirelli nel 2010, sulla base di quello realizzati alla Scala e al Met: la scorrevolezza e la capacità di stupire lo spettatore con la meraviglia visiva e l’imponenza delle masse. Il I atto è giocato in pochi metri di palcoscenico, con il popolo che si accalca presso le mura della reggia, che divengono anche il luogo per le pubbliche esecuzioni dei tanti sfortunati pretendenti della principessa di gelo. I costumi di Emi Wada sono meravigliosi e fanno il loro effetto con i loro colori vividi e brillanti. Dal punto di vista musicale Andrea Battistoni è il grande trionfatore della serata. Il direttore ci colpisce come nella recita di Aida da noi recensita per la vividezza del tessuto orchestrale e la capacità di sostenere il canto con l’eleganza e respirando con il palcoscenico.Grandi lodi per il coro diretto da Vito Lombardi, protagonista di una prova straordinaria. Il coro di voci bianche A.d’A.MUS era diretto da Marco Tonini.
Nel ruolo dell’imperatore Altoum e del mandarino avevamo Cristiano Olivieri e Paolo Battaglia.

14012069_1173181966058480_1103173140_nSugli scudi le tre maschere Ping, Pong e Pang interpretate da tre grandi voci : Federico Longhi, Francesco Pittari e Giorgio Trucco. Tutte e tre voci importanti e ben amalgamate, con il baritono valdostano che emerge per la sua abituale attenzione agli accenti, cosa non secondaria in questi ruoli, ricchi di giochi lessicali e doppi sensi. Nel I quadro del II atto con la complicità di Battistoni riescono a creare il momento musicale migliore della serata.

Timur era Carlo Cigni, il quale sapeva imprimere giusti accenti dopo la morte di Liù, la quale era interpretata da Elena Rossi, vocalità delicata e un po’ timida nella sia interpretazione.

14017948_1173181942725149_1777714831_nCarlo Ventre è un tenore tutto d’un pezzo, con una vocalità robusta e dal volume importante. Il suo Calaf è ben delineato sia vocalmente che interpretativamente, con un “Nessun dorma” intenso e non solo mirato alla puntatura finale, pur ben riuscita.

Tiziana Caruso ha vocalità importante e dal timbro scuro. Tuttavia l’abbiamo trovata un po’ appesantita e in difficolta nella tessitura acuta, che non risultava svettante come dovrebbe essere. Il centro della voce rimane interessante e notevole, tuttavia anche la dizione pareva scurita eccessivamente, così da non risultare vincente nel canto di conversazione.

Alla fine grandi applausi da un’Arena non vuota, ma anche molto lontana dall’essere piena.

Foto Ennevi

Francesco Lodola

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