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©Pamela Raith – The Useful Group

Atmosfere da Broadway, al Teatro Regio di Torino, in occasione del ritorno del
“Progetto Musical”, che ormai per la terza stagione, porta sul palcoscenico operistico sabaudo un genere a cui poco si è abituati in Italia, ma che assolutamente merita di essere scoperto, lasciando per una volta da parte quel rifiuto verso qualsiasi altro genere musicale, che spesso contraddistingue molti melomani. Dopo Cats nel 2016, e West Side Story nel 2017, è la volta di un altro evergreen,
Evita, di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice; portato al Regio (unica tappa italiana del tour internazionale) in una meravigliosa produzione di Bill Kenwright, in accordo con The Really Useful Group, e per la prima volta in assoluto eseguito con
un’orchestra sinfonica dal vivo, che ha impegnato Sir Webber in persona, assieme a
David Cullen, per la revisione e l’orchestrazione della partitura.

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©Pamela Raith – The Useful Group

Assistendo ad una rappresentazione dal vivo di Evita, si rimane abbagliati dalla bellezza di una musica assolutamente non scontata, che spazia dalle canzoni di stampo più classico, ai ritmi latineggianti, ai pezzi tipicamente rock, e non si tarda a capire il motivo dell’enorme successo del musical che, tanto per dare alcuni numeri, arrivò a collezionare 2900 repliche in otto anni nel West End, e 1567 in quattro anni a Brodway.
Ciò che sorprende ed entusiasma ancor più, è l’incredibile attualità del tema trattato, l’analisi che viene fatta del populismo; si sbaglia infatti a pensare che, andando a vedere Evita, si assista solamente alla storia della bella, carismatica e angelica Eva
Duarte de Perón. Webber e Rice furono abilissimi nel creare, col personaggio di Che, il narratore della vicenda, che mostrasse dall’esterno entrambe le facce della medaglia: non solo la venerata Leader spirituale dell’Argentina, ma anche la spietata arrivista, povera attrice di umili origini, che scalpitando in tutti i modi per ottenere fama e successo, vedrà in Juan Domingo Perón la sua salvezza e il ponte verso la gloria.
03_evitaLa regia di Bob Tomson e Bill Kenwright, la coreografia di Bill Deamer, le scene e i costumi di Matthew Wright, le luci di Dan Samson e il suono di Tim Oliver, tutto parla di un’incredibile cura dei dettagli, dagli ambienti altolocati, a quelli proletari;
nel rispetto della tradizione per cui il musical è nato, all’insegna dell’eleganza. Prestazioni di assoluto valore e ricchezza non solo sul versante scenico, ma anche su quello musicale, a cominciare dal Coro di voci bianche del Teatro Regio e del
Conservatorio Giuseppe Verdi, diretto da Claudio Fenoglio, e dall’Orchestra del Teatro Regio, diretto da David Steadman, che hanno così dato prova di estrema bravura anche in un repertorio inusuale e quindi di ottima versatilità.

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©Pamela Raith – The Useful Group

Tra i cantanti solisti, hanno spiccato in una compagni di canto già ottima, i due protagonisti Evita e Che.
La prima, interpretata da Madalena Alberto, cantante portoghese nota soprattutto nel
teatro londinese, emerge per il fascinoso timbro, la sicurezza tecnica, e la scioltezza scenica; il secondo, interpretato dall’unico cantante italiano della compagnia, Gian Marco Schiaretti, vero trionfatore della serata, in cui la bellezza vocale si accompagna perfettamente ad una presenza scenica spavalda ed incredibilmente
sicura, che delineano un personaggio curato nei dettagli.
Il successo ha travolto tutti gli interpreti, ed una sala gremita di pubblico ha testimoniato che l’interesse per la musica fa cassa anche andando oltre “La Traviata” o il “Don Giovanni” in allestimenti tradizionali, necessari secondo la preoccupante ricetta dei rinnovati vertici del teatro, a rilanciare il Regio.

Stefano Gazzera

Torino, 6 maggio 2018

 

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