In occasione di Così fan tutte al Teatro San Carlo ho avuto modo di incontrare Paola Gardina, fra i mezzosoprani più talentuosi del panorama italiano e straniero. Dopo aver coltivato sin da bambina il suo sogno di cantare ed essersi diplomata al Conservatorio di Musica di Rovigo, ha calcato i palcoscenici dei più importanti teatri al mondo, dal Teatro alla Scala alla Bayerische Staatsoper, dalla Fenice al Teatro Real di Madrid. Le sue diverse esperienze l’hanno resa un’artista versatile, dotata sia vocalmente che scenicamente. Durante l’intervista, ciò che mi ha colpito di più di Paola Gardina, oltre alla sua bravura e al suo talento, sono state la simpatia e la solarità, qualità che, come rivela, infonde anche ai diversi ruoli da lei interpretati. Scopriamo qualcosa in più sull’esperienza al Massimo napoletano e sui suoi impegni futuri.
Da poco hai debuttato al Teatro San Carlo in Così fan tutte, inaugurazione della stagione lirica. Quali sono le emozioni legate a questa tua prima esperienza sul palcoscenico del Massimo napoletano?
In questo momento sto provando un mix di emozioni che difficilmente dimenticherò: questa è una di quelle esperienze che rimangono impresse nella tua mente e che custodisci gelosamente. Il debutto in questo teatro l’ho sognato tanto e finalmente è avvenuto! Il San Carlo è un teatro meraviglioso, ricco di storia e di gloria che mi ha accolto a braccia aperte e dove mi sono sentita a casa.

Com’è stato lavorare con il Maestro Riccardo Muti e con la figlia, la regista Chiara Muti?
Lavorare con il Maestro Muti è stato un impegno davvero importante: durante le prove
musicali al pianoforte abbiamo cercato di improntare tutto il lavoro sulle dinamiche, sui
colori e sulle intenzioni che poi avremmo riportato sul palco assieme alla meravigliosa
orchestra che ha saputo ricreare atmosfere davvero paradisiache. Riccardo Muti è un
musicista con la M maiuscola, un cultore del bel suono e soprattutto della parola che ha
curato con noi in maniera attenta e minuziosa. Mi sono sentita davvero fortunata ad aver lavorato con lui. Anche il lavoro con Chiara Muti è stato splendido, si è dimostrata molto preparata e capace di creare con tutti noi uno spettacolo che rispettasse i caratteri dei personaggi. Chiara Muti conosce a memoria tutta l’opera e il suo spartito è un intreccio di movimenti e idee rese vive da disegni e scritti che non hanno lasciato nulla al caso.

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Hai già interpretato Dorabella sia in Italia che all’estero: per te questo ruolo è mutato negli anni?
Io e Dorabella siamo “amiche” ormai e in me c’è qualcosa di lei, del tempo che passa e
delle esigenze dei vari spettacoli. Nonostante ciò, è rimasto un personaggio frizzante,
sbarazzino e fresco, una ragazza che racconta una storia di sentimenti che nei secoli si ripete immutata e sempre attuale.

Cosa puoi dirci della tua Dorabella “sancarliana”?
La Dorabella di questo spettacolo è briosa, irriverente, attenta alle apparenze ma non
troppo, intenta a fare tutto il contrario di ciò che dovrebbe, che salta di qua e di là,
trasportata da folate di emozioni che non riesce e non vuole controllare.
5) Cosa ti ha spinto a scegliere il canto lirico? Ricordi un evento in particolare?
Io e il canto siamo cresciuti assieme. Non ricordo una domenica mattina in casa senza
musica, con mia madre che preparava il ragù, mio padre che sistemava le canne da pesca e mia sorella che riordinava la sua stanza, canticchiavamo tutti, nessuno lo faceva per professione ma solo per passione. Ho cominciato così, per poi cantare in chiesa, fino ad annunciare ai miei genitori che mi sarebbe piaciuto iscrivermi al conservatorio e vedere negli occhi di mio padre una luce accendersi. Ora che sono qui e penso a quegli occhi luminosi che ancora oggi mi accompagnano in giro per il mondo, mi viene da esclamare: “grazie mamma e papà!”.

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Il tuo è un repertorio vasto che spazia da Mozart a Rossini. Quali sono, secondo te, i punti di forza che ti permettono di variare tanto?
Il mio repertorio va da Vivaldi a Handel, da Mozart a Rossini, da Bellini fino a
Donizetti. Credo sia necessaria una buona duttilità e uno studio mirato a seconda del
ruolo che si va ad affrontare, cercando però di non snaturare mai le proprie qualità e
caratteristiche, nel rispetto quindi della propria vocalità.

A proposito del tuo vasto repertorio, cosa pensi ti abbiano lasciato e cosa pensi di aver dato tu ai ruoli che hai interpretato?
Ogni ruolo interpretato lascia in chi lo esegue qualcosa di scritto nella propria anima,
qualcosa che ti aiuta ad affrontare altre sfide ed altri personaggi. Ciò che lasciamo noi
interpreti è una traccia dei nostri sentimenti e del nostro impegno, insieme a una nostra
personale lettura.

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C’è un ruolo particolare che ti piacerebbe aggiungere al tuo repertorio?
Il prossimo anno sarà ricco di debutti con Adalgisa (Norma), Nicklausse (Les Contes
d’Hoffmann), Goffredo (Rinaldo). Inoltre, parteciperò al Festival Donizetti di Bergamo con l’opera Pietro il Grande. Questi debutti, oltre a rendermi molto felice, mi permetteranno di realizzare dei bellissimi sogni. Il mio lavoro che già da bambina volevo fare (lo scrivevo nei temi in classe) mi sta regalando sensazioni ed emozioni che mai avrei pensato di poter provare e sono grata alla vita per tutto questo. Fare della propria passione un lavoro è già qualcosa di meraviglioso, cosa si può chiedere di più?

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Il 2019 ti vedrà sui palcoscenici di importanti teatri stranieri (l’Opéra di Nancy, l’Ópera di Las Palmas, la NCPA di Pechino). Trovi che ci siano delle differenze nel modo in cui il pubblico all’estero vive l’opera lirica?
All’estero il teatro in ogni sua forma in genere ha uno spazio privilegiato e di assoluto
rilievo, il pubblico è attento e preparato. In Italia la situazione ci sta un po’ sfuggendo di
mano e le difficoltà legate a questo mondo sono palpabili. Quindi, ringrazio di cuore i teatri italiani che stanno combattendo contro questo senso di abbandono che la cultura attualmente sta vivendo.

Grazie a Paola Gardina e In bocca al lupo! 

Pia Lombardi

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