Dopo le sue acclamate interpretazioni di Azucena e Amneris (ultime recite il 3, 9, 18 agosto), abbiamo intervistato Violeta Urmana, artista tra le più importanti dei nostri giorni, capace di dominare tutti i grandi ruoli del repertorio italiano e tedesco, e non solo. Il mezzosoprano ci ha raccontato a cuore aperto i suoi personaggi e i suoi progetti futuri.

Azucena è uno dei ruoli che hai frequentato di più durante la tua carriera (l’anno prossimo sarai alla Scala con questo ruolo a distanza di 19 anni dalla storica edizione con il Maestro Muti): come si è evoluta negli anni la tua visione di questo personaggio?
La Kundry e Eboli le ho cantate più della Azucena che raggiunge invece il numero delle Isotte, nonostante il lungo periodo di assenza dal mio repertorio dal 2001 fino al 2015. Da mezzosoprano i ruoli verdiani più adatti alla mia voce sono tre: Eboli, Amneris e Azucena. E questi ruoli sono stati fondamentali negli anni da mezzosoprano all’inizio della carriera e anche ora. Se all’inizio preferivo le parti più acute, ora mi sento comoda anche nel registro grave e uso la voce di petto con più coraggio. Per quanto riguarda l’evoluzione del personaggio, negli anni la mia visione del ruolo fondamentalmente non è cambiata. Direi che è maturata e l’ho approfondita. Diciamo che questa figura femminile così tormentata è più completa ora…Intanto questo non è un lavoro di costruzione artificiale, ma avviene in modo intuitivo quando sono in palcoscenico: la musica risuona, ti trascina insieme con il dramma e all’improvviso si scoprono nuove sfaccettature di un’interpretazione. Quando senti l’atmosfera di tutto il tessuto musicale sai come devi inserire il tuo strumento e come devi colorare la voce…Questo perché capire quello che stai dicendo è una cosa e comprendere davvero in tutto il contesto è un’altra. Cerco musicalmente, mentalmente e vocalmente di trasmettere lo stato d’animo di questo personaggio cosi geniale creato da Verdi. Lui ha espresso tutte le sue idee molto chiaramente nella partitura, si deve solo studiarla bene.

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©Ivan Balderramo

Sei stata Amneris, Aida, Azucena negli spettacoli di Franco Zeffirelli: un tuo ricordo del Maestro.
Franco Zeffirelli è un genio italiano conosciuto in tutto il mondo per la sua arte e partecipare nelle sue produzioni era sempre il massimo della verità , della eleganza e della bellezza teatrale. Per la seconda volta ho partecipato al suo “Trovatore” classico , il quale è molto apprezzato non solo da noi cantanti ,ma anche dal pubblico dell’Arena di Verona. Al Metropolitan avevo cantato anche nella sua meravigliosa “Cavalleria rusticana”. Purtroppo per la sua “Tosca” sono arrivata troppo tardi e l’ho solo vista. Tutti i suoi spettacoli sono indimenticabili. Certo, partecipare alla creazione della sua “Aida” al Teatro alla Scala fu molto speciale: un grande onore. Nella sua “Aida” del 1963 ho cantato sia come Aida e sia come Amneris, perciò l’ho conosciuta da due lati diversi. L’incontro con il Maestro Zeffirelli rimarrà uno dei ricordi più cari in tutta la mia carriera.

Hai appena interpretato Santuzza al San Carlo: come si inserisce questo personaggio nel tuo percorso e come costruisci teatralmente la tua interpretazione?
Parlare di musica e delle proprie scoperte che si fanno ogni volta stando in palcoscenico è molto difficile. Ci sono delle sottigliezze indescrivibili e quando all’improvviso scopri qualcosa di nuovo ti sembra pronunciare una parola come se fosse la prima volta, perché prima ti era sfuggito il profondo senso ed era più superficiale. Anche la Santuzza, anche se fondamentalmente rimane come l’ho letta la prima volta matura in continuazione. Rimane una donna fortemente innamorata e passionale ma anche disperata, ferita ma fiera e forte. Cerco che le mie figure non diventino dei monumenti immutabili, ma un continuo sfogo della verità, per quanto è possibile nell’opera. Sono sempre aperta alle sensazioni ed emozioni nuove che ci dà l’incontro con il pubblico. Ho spesso la sensazione che in palcoscenico può succedere di tutto – l’anima è in costante vibrazione. Ovviamente il canto è sempre fondamentale e per poter esprimersi devi avere la voce sempre sotto controllo. Ma questo è solo l’inizio. Esprimendomi cantando tendo anche prendere dei rischi calcolabili, specialmente nella Santuzza: si potrebbe cantare forse più bello “pel mio dolore” acuto, ma che dolore sarebbe? Ma ci sono anche i limiti, altrimenti ne uscirebbe fuori un grido incontrollato. Per me è un complimento, se qualcuno mi chiede se sono siciliana…(un po’ pugliese sì, lo sono!) In quel caso so che il mio messaggio è arrivato.

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©Ivan Balderramo

Nella prossima stagione debutterai Ulrica: come ti stai preparando per questo ruolo e quali sono le differenze con gli altri ruoli verdiani di mezzosoprano?
Devo dire che Ulrica era sempre troppo bassa per me e non mi interessava cantarla. Ma per tutte le cose ci vuole la maturazione e il momento giusto. Credo sia arrivato il momento giusto per cantarla. È ancora bassa, ma ora ho sviluppato il colore necessario per affrontare questa maga e cercherò di cantarla con la vocalità adatta per renderla il più credibile possibile.

L’altro debutto sarà Klytemnestra: come gestisci l’estremo pluristilismo del tuo repertorio?
Grazie alla mia nazionalità non sono stata mai messa in qualche categoria fissa e stretta riguardo al repertorio. Ho sempre cantato il repertorio tedesco e italiano, francese o ungherese: cantavo Bach, Berlioz, Mahler o Schönberg, Schubert e Strauss. Non mi è mai interessata particolarmente la musica troppo moderna. Il mio interesse musicale finisce con Rachmaninov, Poulenc, Enescu e Stravinsky…Nonostante abbia studiato il pianoforte per 17 anni, se devo cercare le note divento nervosa. Spesso la scrittura moderna non richiede neanche grandi qualità vocali. Avrei voluto cantare almeno una volta Elektra, ma per impararla ci vuole molto tempo e fatica e poteva essere che dopo avrei scoperto, che non era molto adatta la mia voce. Tuttavia sono felicissima di interpretare un personaggio interessantissimo come Klytemnästra, che richiede molto approfondimento artistico in tutti i sensi. La musica di ogni compositore è diversa, ma tutto c’è già nello spartito, basta leggere con attenzione il testo, le note e le indicazione d’autore. Poi ci vuole un po’ di fantasia e l’esperienza della vita e possibilmente un regista che ti faccia vedere da tutte le prospettive e ti indirizza.

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©Ivan Balderramo

Un’altra tua anima artistica è quella della musica da camera: quali sono le differenze e i segreti nell’approccio vocale rispetto all’opera?
Ci vuole molta fatica per questo tipo di musica, parlo dei Lied. Sono del parere che le canzoni vadano cantate a memoria e quello che costa molto tempo e fatica mentale, ma dà anche una soddisfazione diversa. Se non dovessi imparare a memoria potrei ogni settimana “sfornare” un programma nuovo. Comunque ho cominciato con i Liederabend già nel 1999, cioè all’inizio della carriera e non mi pento, perché quando la voce è in declino è tardi per i Lied, dove ci vuole pieno funzionamento dell’apparato vocale per esprimere tutte le finezze della scrittura di questo genere di musica. Ultimamente sono molto affezzionata ai Lied di Schubert, ci voleva tempo per perdere la paura di cantare le sue canzoni. Avevo troppo rispetto, ma ci voleva proprio una maturazione artistica. Ora sto preparando già il terzo nuovo programma per il Festival di Schubert in Austria, “Schubertiade”. E avrei già quasi pronto il prossimo programma. Solo che è così impegnativo. Canto molto anche il repertorio concertistico con tanto Mahler, Berlioz, Beethoven con enorme piacere!

Sei indubbiamente una Diva (ovviamente nel senso migliore): com’è cambiato questo ruolo e cosa vuol dire essere una Diva nel 2019 (rapporto con i social etc…)
Non so se sono una Diva ma penso di essere una seria professionista. Credo che oggi si abusi di questo titolo. Prima Diva venivano chiamate bravissime attrici e cantanti. In palcoscenico si dimostra quanto si è Diva. Oggi questo non è sempre il caso e si dona questa descrizione anche a qualcuna o qualcuno che ha appena cominciato. Non sono capace di fare i capricci perché penso che ogni persona vada trattata con rispetto. Mi fa arrabbiare solo la mancanza di professionalità, ma anche in quei casi cerco di mantenere la calma…Ma non consiglio a nessuno di pestarmi i piedi!
Oggi forse i social media è quasi impossibile evitarli. Se si usano nel modo giusto credo siano molto utili. Io partecipo per quanto mi è possibile perché è anche divertente.

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©Ivan Balderramo

Il tuo repertorio è immenso: ci sono ancora dei ruoli che sogni di affrontare?
Direi che il mio repertorio è più eclettico che immenso. Ci sono quei ruoli che sognavo di cantare ma non è avvenuto per varie ragioni. È vero che ho attraversato il repertorio di due categorie e ho avuto delle grandi soddisfazioni. In questo momento non ho più ruoli che sogno di cantare ma sicuramente affronterò un repertorio per me nuovo e interessante. Ho appena cominciato scoprire il repertorio dell’opera russa, per me è facile perché conosco bene la lingua. Mi piacerebbe anche cantare più Wagner.

Prossimi impegni.
“Il Trovatore” a Milano, Berlino, Genova, Salerno, “Elektra” e “Cavalleria rusticana” ad Amburgo, “Un Ballo in maschera” a Milano, “Tristan und Isolde” a Madrid, “Verlobung im Kloster” a Berlino ed Amsterdam, Recital a Schwarzenberg, Essen, Valencia e tanto altro…

Grazie a Violeta Urmana e In bocca al lupo! 

Francesco Lodola

 

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