In questi cinquant’anni d’amore tra Placido Domingo e l’Arena di Verona l’artista ha portato in questo straordinario scenario moltissimi dei suoi personaggi: l’ultimo era stato Nabucco nel 2013 e ora è arrivato il debutto con Giorgio Germont ne “La Traviata”. E così ancora una volta Domingo si è impadronito del palcoscenico divenendo unico ed assoluto protagonista. Lo ha dimostrato il lunghissimo applauso di sortita e le acclamazioni finali con tanto di “DOMINGO” scandito con il battito delle mani. Il tenore/baritono che dir si voglia, ha d’altra parte incarnato un personaggio straordinario, che dimostra quanto la sua leggenda sia autentica. Lasciamo perdere qualche fiato un po’ corto, qualche vuoto mnemonico, qualche suono non pulitissimo: sono dettagli che non tolgono nulla alla profondità psicologica che Domingo dona al suo Germont, che non viene dipinto come un generico cattivo, ma come un uomo provato e appesantito dalla responsabilità di essere padre. E’ un uomo con le sue fragilità, le sue ipocrisie, ma anche un senso di pietas.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Accanto a lui Lisette Oropesa è una Violetta delicata, diremmo quasi angelicata. Il soprano mette in luce le sue carte migliori nel canto lirico di “Ah, fors’è lui” e del duetto con Germont del II atto. Convince in ogni caso anche nel virtuosismo del primo atto, “Sempre libera”, coronata da un preciso Mib. Il personaggio risulta ben delineato in tutte le sue sfaccettature, anche se nell’ultimo atto un velo di stanchezza metteva alla prova la cantante. Sicuramente con le prossime recite la sua interpretazione crescerà, prendendo più confidenza con l’imponenza del palco e di questo spettacolo.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Vittorio Grigolo interpreta un Alfredo di poca credibilità. Vince per la voce che è sempre tanta, bella, italiana e anche tecnicamente ben emessa. Tuttavia la personalità debordante, l’apparente ricerca costante dell’effetto e la tendenza voler sempre strafare lo rendono un po’ esagerato e spesso sopra le righe, mentre Alfredo è un timido giovane che da un anno osserva Violetta da lontano, non avendo il coraggio di avvicinarla.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Bene il Dottor Grenvil di Alessandro Spina e la Flora di Clarissa Leonardi. Ideale il Gastone di Carlo Bosi così come il Barone Douphol di Gianfranco Montresor e il Marchese d’Obigny di Daniel Giulianini. Accanto a loro ritrovavamo l’inossidabile coppia formata da Daniela Mazzucato (Annina) e Max René Cosotti (Giuseppe). Completava il cast Stefano Rinaldi Miliani (Domestico/Commissario).

Elegante la direzione del Maestro Marco Armiliato, il quale metteva tutta la sua sapienza a servizio del palcoscenico, gestendo con maestria anche qualche discrepanza dovuta sicuramente alle poche prove. Meraviglioso il coro diretto da Vito Lombardi e il ballo coordinato da Gaetano Petrosino. Eccellenti come sempre le prove dei primi ballerini, Petra Conti e Giuseppe Picone.

Lo spettacolo di Franco Zeffirelli si conferma cornice di straordinaria ricchezza, delicata suggestione.

Al termine come si è detto trionfo con tifo da stadio per il Re Domingo.

Francesco Lodola

Verona, 1 agosto 2019

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