Come sempre il 1 gennaio si scatenano le guerre intestine nel mondo della musica: c’è chi sostiene Vienna e la sua immarcescibile tradizione e chi Venezia, il fascino luminoso della Fenice e della grande opera italiana.
Noi non propendiamo per nessuno dei due, ma quello di Venezia lo abbiamo vissuto dal vivo (30 dicembre) e abbiamo aspettato il 1 gennaio per raccontarvelo, senza quindi fare fastidiosi spoiler.

La prima parte destinata al sinfonico vedeva la Sinfonia n. 8 in Sol Maggiore, Op. 88 di Dvořák, detta “inglese” per il grande successo che le diede il pubblico londinese che la elesse a sua “prediletta”. Sul podio Myung-Whun Chung, il direttore che porta l’Orchestra della Fenice al più alto livello delle sue grandi capacità. Chung riesce ad esaltare nella compostezza, precisione ed eleganza del gesto sia i grandi archi melodici (che molto spesso sono anche tempi di danza), che le architetture ritmiche narranti che sono alla base del sinfonismo del compositore boemo.
Nella seconda parte una galleria di grandi brani dal repertorio popolare, ma non per questo facili o scontati: infatti l’apertura è affidata in maniera diremmo inconsueta al “Sanctus” dal Requiem di Verdi (dedicato però all’Aquagranda dello scorso ottobre), che vede il Coro della Fenice diretto da Claudio Marino Moretti in assoluto stato di grazia. Il coro è poi grande protagonista di un’altra attesa pagina verdiana, “Va’ pensiero sull’ali dorate” da “Nabucco”, anch’esso miniato con superba eleganza.

Tra gli interpreti vocali primeggiano Francesca Dotto e Francesco Demuro.
Lui mette in luce la sua voce fa tenore lirico pieno, capace di acuti luminosi, ma anche di rotondi affondi sempre naturali e mai gonfiati, oltre che dotato di tecnica impeccabile e un uso del fiato ammirevole: grazie a tutte queste caratteristiche risulta ispirato Calaf nel “Nessun dorma”, spavaldo Duca nella “Bella figlia dell’amore” e Rodolfo intenso nel duetto con Marcello de “La Bohéme”.
Francesca Dotto, fasciata in tre abiti meravigliosi che ne esaltano la bellezza e l’eleganza della figura, si fa ammirare come splendida Musetta dipinta con splendida voce lirica, brillante senza essere soubrettistica, per poi trionfare come meravigliosa Violetta in “Sempre libera” coronato da un cristallino Mib.

Accanto a loro si impone la voce di Luca Salsi nei panni di un vigoroso Rigoletto in “Cortigiani vil razza dannata”.
Efficace il contributo di Valeria Girardello nei panni di Maddalena bel quartetto del “Rigoletto”.
Chiusura in trionfo con il finale di Turandot e il Brindisi di Traviata.
Francesco Lodola
Venezia, 30 dicembre 2019