Ad una settimana dal successo di Lucia di Lammermoor arriva a Modena il capolavoro di Vincenzo Bellini. Protagonista la tanto attesa Angela Meade e un cast di livello internazionale, guidato dalla bacchetta di Sesto Quatrini.
Era attesa da tempo. Norma, il capolavoro indiscusso di Vincenzo Bellini, pietra miliare della Storia del Melodramma, mancava a Modena da ormai 15 anni. Inserita appieno in una Stagione lirica il cui filo comune è quello di grandi “eroine” come Giovanna d’Arco e Lucia di Lammermoor, questa produzione vedeva la presenza di nomi di successo del panorama vocale degli ultimi anni (e in un caso si può dire decenni) a partire dalla protagonista, beniamina del Metropolitan e Norma d’esperienza, l’americana Angela Meade. Un’occasione dunque rara per ascoltare in un teatro di tradizione una cantante abituata a calcare i maggiori palcoscenici internazionali.
Ad aspettative indubbiamente molto elevate si può dire che sia corrisposto un buon risultato, seppure non privo di qualche ombra.
La regia di Nicola Berloffa, già collaudata in diversi anni di spettacoli in giro per l’Europa ma ripensata per l’occasione nel rispetto delle norme pandemiche, vede spostare l’intera vicenda nel diciannovesimo secolo, in un clima che sa di moti rivoluzionari e/o risorgimentali. I druidi sono un popolo rinchiuso tra le mura di un imponente palazzo i cui fasti sono evidentemente segnati dallo scorrere di una perpetua guerra che mette allo stremo una popolazione mal ridotta. Tutto il resto, dai rapporti, ai caratteri vengono rispettati con grande rigore. Lo spettacolo risulta, come si è avvezzi quando la regia è di Berloffa, davvero curato e di grande qualità nella realizzazione delle scenografie, di Andrea Belli, alle luci di Marco Giusti, fino ai costumi di Valeria Donata Bettella. Pertanto, se si è disposti ad accettare mentalmente che il tutto si svolga in pieno Ottocento europeo, sicuramente non si può che apprezzare le splendide atmosfere create nell’insieme, in particolare in alcune scene come quella del coro “Guerra, guerra!”.

Per quanto concerne invece la parte musicale occorre iniziare sottolineando la splendida prova dell’Orchestra Filarmonica Italiana e della bacchetta di Sesto Quatrini. La sua è una direzione schietta, generosa, appassionata, che quasi ricorda un po’ le grandi direzioni degli anni ’50 per taluni aspetti. In un’epoca in cui non si fa altro che ricercare sonorità nascoste, sfumature ricercate, cose non scritte ma che si suppongono veritiere e altri vezzi che spesso finiscono per risultare fini a sé stessi, sentire una Norma così ben diretta è una grande soddisfazione. Accanto alla Filarmonica Italiana anche il Coro del Teatro Municipale di Piacenza si distingue con professionalità, preparato dal Maestro Corrado Casati.
Infine, ma non certo per importanza, i protagonisti sulla scena: chi ha convinto pienamente, dando un’ulteriore garanzia del proprio talento artistico, se non bastassero decenni di gloriosa carriera iniziati proprio a Modena, è stato Michele Pertusi, nei panni di Oroveso. Il basso parmense è in forma strepitosa e sin dalle prime note sfoggia un fraseggio incisivo e variopinto, in cui ogni accento ed ogni intenzione risulta al tempo stesso naturale ma efficace, il tutto a sorreggere una voce ancora brillante. Rimane il rammarico di averlo sentito cantare troppo poco poiché il personaggio non gli consente di più.

Paola Gardina è una Adalgisa dal timbro chiaro e quasi sopranile per certi aspetti. Se si fa eccezione per qualche durezza di emissione nelle note più acute a piena voce, la sua performance regala momenti di grande bellezza in particolare per l’uso sapiente di mezze voci e raffinatezza espressiva.
A Stefano La Colla, nei panni di Pollione, non mancano certo i mezzi. La sua voce è potente, slanciata e di bel colore, adatta alla tempra lirica e a quella più drammatica. Ciò che desta però qualche perplessità è il canto, che appare sovente spinto dal basso e un po’ forzato, con qualche suono fisso e perfettibile nell’intonazione. Il momento migliore per lui risulta indubbiamente il terzetto finale del I atto.
Infine la protagonista Angela Meade, Norma. La qualità e la quantità della sua voce appaiono indiscutibilmente fuori dal comune, con un registro medio di una pienezza disarmante. La facilità con cui dimostra di essere capace di emettere ogni sorta di emissione senza alcun problema di fiato, dagli splendidi pianissimi a sfolgoranti acuti è anch’essa rilevante. Tuttavia sembra mancare qualcosa. Al di là di un vibrato che ogni tanto può risultare un po’ eccessivo, l’interpretazione è spesso un po’ generica e sbrigativa, risultando non altrettanto emotiva quanto potenzialmente ci si aspetterebbe. Con maggiore musicalità e raffinatezza espressiva nell’intenzione, con un porgere meno approssimativo e più coinvolgente, Angela Meade avrebbe tutte le carte in regola per essere una Norma di assoluto rilievo.
In definitiva uno spettacolo soddisfacente con tante luci e qualche ombra di incompiutezza o forse dettata dalle elevate aspettative createsi in precedenza.
Al termine applausi convinti per tutti.
Modena, 29 ottobre 2021