Sulla piazza del Tiroler Landestheater di Innsbruck una chiassosa quanto avvincente gara di snowboard, dentro il teatro il calore dell’India più spirituale, quella della Lakmé di Léo Delibes, terza premiere della stagione dopo Genoveva di Schumann e Songs for a new world di Jason Robert Brown. L’illuminata direzione artistica di Michael Nelle segna un ulteriore punto vincente, mettendo in scena un titolo raro (conosciuto per lo più per il duetto dei fiori del I atto e l’aria delle campanelle del III) e regalandone un’esecuzione dal livello qualitativo esemplare. A partire dalla direzione splendida di Tommaso Turchetta, maestro italiano di casa a Innsbruck, il quale si dimostra sensibile all’incanto ipnotico delle melodie, senza però perdere di vista né la coerenza drammatica né l’equilibrio del rapporto tra buca e palcoscenico. L’orchestra , così come il coro del teatro (diretto dal Mº Michel Roberge) lo seguono in maniera magistrale. 

Nel ruolo del titolo Judith Spießer illumina il personaggio con fraseggio sensibile, capace di sciorinare canto virtuoso di ottima fattura e lirismo profondo ed emozionante. L’attrice è alla pari convincente ed intensa. Jon Jurgens viene a capo di un personaggio, quello di Gérald, che pone delle difficoltà simili ad altri ruoli francesi come Don José di Carmen o soprattutto Nadir de Les pêcheurs des perles, con momenti di canto lirico da tenore romantico e altri che richiedono vigorosa forza drammatica, il tutto in una tessitura ampia sia nel grave che nell’acuto, che forse non è l’ideale per la voce di Jurgens, ma che egli gestisce con lodevole abilità tecnica. Matthias Hoffmann veste i panni di Nilakantha con la giusta autorevolezza interpretativa e vocalità sana e ben gestita. Irina Maltseva è una Malika dal gradevole colore vocale e dalla felice presenza scenica.

Bene il quartetto britannico (in particolare il settore femminile) composto da Susanna von der Burg (Mistress Bentson), Felicitas Fuchs-Wittenkindt (Ellen), Ana Akhmeteli (Rose) e Wolfgang Resch (Frédéric). Completano la compagnia Dale Albright (Hadji), Michael Gann (uno cartomante), Junghwan Lee (un commerciante cinese) e Julien Horbatuk (un ladro). 

©Birgit Gufler

Resta da dire dello spettacolo meraviglioso di Hinrich Horstkotte (drammaturgia di Thomas Schmidt-Ehrenberg). La recitazione è curatissima, tutti sono attori di grande presa emotiva e le masse sono mosse con sapienza oggi davvero rara. La scatola scenica di Nicolas Bovey è poi praticamente perfetta: pochi elementi in realtà, ogni oleografia evitata, per restituire un’atmosfera densa di suggestioni e fascino. Delle strutture in legno delineano la situazione della foresta incantata, quasi fiabesca, popolata da luci lunari, fiori che si schiudono illuminandosi magicamente. Le stesse strutture si trasformano nell’atmosfera fumosa, caotica, colorata del bazar del II atto. La piccola pedana che ruota e si alza al centro del palcoscenico diventa un’isola, una sorta di pulpito in cui Lakmé si sopraeleva verso il cielo a cui appartiene. Horstkotte firma anche i bellissimi costumi (l’unico rimprovero è la parrucca rasta che indossa Lakmé nel momento della grande aria). Successo calorosissimo siglato da più chiamate al proscenio. 

Uscivamo dal Landestheater con la tentazione di trasferirci a Innsbruck, ma anche con la sensazione amara di dover spesso espatriare per assistere ad uno spettacolo di questo livello complessivo. Il teatro era peraltro praticamente pieno, mentre “da noi” si rischia il vuoto già con un titolo meno popolare dei più popolari Verdi o Puccini. 

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