Era il 1985 quando la bacchetta di Daniel Oren si alzava per dare alla luce la sua prima Aida all’Arena di Verona: nei tre ruoli principali cantavano Makvala Kasraschvili, Bruna Baglioni e Giuseppe Giacomini. Dopo trentasei anni il binomio Oren-Aida è ancora lì, vivido e luminoso. Quando il Maestro Oren ritorna infatti sul podio areniano per dirigere il capolavoro di Verdi l’atmosfera pare risvegliarsi. Finalmente “si fa” musica e nella musica si ritrova il teatro verdiano, nelle sue accensioni e nelle sue oasi di abbandono lirico. Orchestra e Coro nei loro distanziamenti e problematiche tecniche dell’epoca Covid, sono al servizio del disegno musicale con invidiabile precisione.
Penultimo giro di boa nella compagnia di canto, caratterizzata in generale da affidabilità e mestiere. Maria José Siri è un’Aida sicura, in grado di gestire le difficoltà del ruolo con eleganza e maestria, risultando interprete reattiva e adeguatamente varia. Al suo fianco (in luogo del previsto Marcelo Alvarez) tornava il Radames di Jorge De Leòn, ancora più sicuro rispetto alla prima rappresentazione e sempre dotato di vocalità di prim’ordine.

Judit Kutasi tornava a vestire i panni di uno dei personaggi in cui l’abbiamo più volta apprezzata: la sua Amneris è dotata di vocalità importante, capace di assecondare gli slanci languidi del personaggio, le sue infuocate ire e il canto di disperata drammaticità della scena del tribunale. Si conferma ancora una volta assoluto padrone del ruolo di Amonasro Ambrogio Maestri, voce possente e torreggiante interprete.
Efficaci Rafal Siwek (Ramfis), Romano Dal Zovo (Il Re), Carlo Bosi (Un messaggero) e Yao Bohui (Sacerdotessa).
Per lo spettacolo rimandiamo alle recensioni precedenti, confermando la nostra impressione di uno spettacolo che molto spesso si limita ad essere funzionale cornice.